La mattina dell’ 8 Giugno terminò il mio terzo anno di liceo scientifico. Molti lo definiscono l’anno più complesso di tutta l’esperienza liceale e, con tutta sincerità, non posso che essere d’accordo. Durante quest’anno ho dovuto rivedere e correggere il mio metodo di studio, armandomi di tanta voglia di imparare, ma anche di un po’ di furbizia. Alla fine, però, ne sono uscito vittorioso e con una media niente male.  Ma l’ultimo giorno di scuola di questo 2020 fu diverso. Non mi sentivo soddisfatto e appagato, avevo uno strano ed inquietante senso di vuoto. Quel giorno non ci fu nessuna campanella dal suono assordante e fastidioso a ricordarmi che la scuola era finita, nessun interminabile conto alla rovescia, nessun malinconico abbraccio di addio e nessun gavettone a tradimento, niente di tutto questo. Ero, infatti, seduto comodamente sulla mia poltrona di pelle, mentre guardavo, impassibile, uno schermo piatto, sporco e freddo. Dopo aver salutato amici e professori, spensi il computer e iniziai a dare la colpa di questo scontento al lockdown, da cui recentemente siamo usciti. Volevo riavvolgere il nastro e ricominciare daccapo.  La quarantena non mi aveva fatto vivere quest’ anno scolastico al meglio ed era colpa sua se ero insoddisfatto, mi dicevo. Ma è davvero così? Ne valeva la pena di riavvolgere il nastro e dimenticare tutto quello che avevo vissuto? Una vecchia canzone di Claudio Baglioni è intitolata “La vita è adesso” e parla di come sia inutile pensare al passato. Che Baglioni vi piaccia o no, il testo di questa canzone è profondissimo e, soprattutto, veritiero. Questi mesi di DAD (didattica a distanza) mi hanno insegnato molte cose e cercare di dimenticarle o cancellarle non sarebbe saggio, poiché tutto quello che ci accade, in un modo o nell’altro, ci plasma e ci trasforma. A dire il vero, in questi mesi di reclusione, la scuola ha rappresentato per noi studenti una vera e propria ancora di salvezza: ha permesso che i rapporti umani, seppur limitati, continuassero ad esistere e a fiorire. Ma la cosa che ci ha insegnato che reputo più importante è il fatto che abbiamo imparato ad apprezzare quello che una volta davamo per scontato, come ad esempio una semplice risata a ricreazione o il cinque che davi al tuo compagno di banco dopo aver terminato con successo un compito in classe. Dopo aver fatto questa breve riflessione, mi sono accorto di quanto la scuola, in questo contesto, abbia fatto molto per me, di più di quanto pensassi, nonostante i vari problemi che hanno le interazioni tramite computer. Ora sapevo che quando sarei tornato in classe, quando sarei tornato ad ascoltare quell’assordante e fastidioso suono della campanella e quando avrei abbracciato di nuovo i miei compagni, lo avrei fatto con la consapevolezza che nulla di tutto questo è scontato. Il privato ci ha fatto diventare pubblici.

Stefano Albergo

Comments to: DAD: Didattica A Dolori

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Attach images - Only PNG, JPG, JPEG and GIF are supported.

Login

Welcome to Typer

Brief and amiable onboarding is the first thing a new user sees in the theme.
Join Typer
Registration is closed.