A firma di Michele Albergo

Mentre per le conoscenze scientifiche e tecnologiche le generazioni future possono servirsi delle scoperte e delle conoscenze passate, in modo che vi sia una continuità nel progresso, ciò non è possibile per l’etica e la morale. La libertà infatti, caratteristica peculiare dell’uomo, deve sempre, ad ogni nuova generazione  prendere le sue decisioni” (Papa Benedetto XVI).

Pertanto ogni uomo, ogni generazione, si trova di fronte ad un nuovo inizio, circa le scelte e le domande fondamentali della vita.

Potremo esemplificare meglio in questo modo: un figlio ad un certo punto deve dare le sue risposte al senso della vita, risposte che potranno essere radicalmente diverse da quelle date da suo padre, oppure simili, ma in ogni caso saranno le “sue” risposte comunque in qualche modo diverse.

Tutto ciò è positivo (continua Benedetto XVI) perchè nonostante la crisi morale, etica e religiosa del nostro tempo, si può sempre, ragionevolmente sperare che la generazione prossima sia una nuova rinascita.

Pertanto per le questioni fondamentali del senso della vita: “chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Perchè la morte ed il dolore? Cosa ci aspetta dopo la morte?” non dobbiamo limitarci ad accettare, acriticamente, quello che hanno sostenuto altri come i filosofi, gli scrittori. Certo i loro ragionamenti vanno conosciuti perchè possono essere utili e per formarci un nostro convincimento.

Questo processo è faticoso perchè presuppone uno studio, un impegno, ma è irrinunziabile se vogliamo essere uomini liberi, a meno che non ci accontentiamo di accettare le risposte dominanti nella società, preconfezionate dalla politica, dai mass-media, dalla cultura del momento.

Dobbiamo, anche se ciò comporta fatica, farci una propria convinzione su tutto, giudicare tutto.

Come fare?

Il metodo ci è dato dalla tradizione giudaico-cristiana bimillenaria nella quale la nostra società è nata. Bisogna sempre partire dal “Fatto“, cioè per ogni indagine seria occorre REALISMO, bisogna osservare il fatto, l’avvenimento reale. Non bisogna subito avventurarsi nel ragionamento, perchè se non si parte dal fatto, il ragionamento può portarci fuori strada.

Se sto andando in auto e con la coda nell’occhio vedo sul ciglio della strada una macchia chiara sull’erba, il mio ragionamento può portarmi a pensare che si tratti di un lenzuolo volato lì chissà da dove, oppure sia la carcassa di un animale, oppure una grossa pietra e così via. Ma se voglio veramente conoscere e giudicare dovrò necessariamente tornare indietro e così vedere concretamente che si tratta di un cumulo di neve e tale oggettivamente sarà.

Don Luigi Giussani, nel suo testo più letto “Il senso religioso” insegnava che il metodo per conoscere un oggetto mi è dato dall’oggetto stesso (osservazione) e non può essere definito da me (ragionamento).

Potremo citare anche Alexis Carrel premio Nobel per la medicina nel 1912: “Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità“.

Dunque se vogliamo conoscere veramente, dobbiamo sempre restare ancorati alla realtà, il metodo di conoscenza non è dato dalla mia idea ma è imposto dalla realtà stessa che voglio conoscere.

Tutto questo è certamente vero per la realtà esterna all’uomo, ma per l’uomo stesso? Questo metodo di conoscenza può valere per le esperienze esistenziali della vita e per quelle domande fondamentali che da sempre definiscono l’uomo?

Se per conoscere veramente il fatto, il criterio abbiamo visto ci è dato dal fatto stesso. Per conoscere l’uomo il criterio ci è dato dall’uomo stesso, dall’umanità. Dall’uomo cioè nella sua essenza primaria, in ciò che lo caratterizza veramente come tale, diverso da ogni altra forma di vita quindi la sua autocoscienza, la sua libertà, la sua dignità, la sua capacità di amare, di cercare il senso delle cose, la sua capacità di Dio e dell’Infinito.

L’uomo è tale sempre, sia che si trovi in una sperduta tribù del Borneo, o in un villaggio al polo Nord o in un grattacielo di New York. Ed è tale sia alla origine della storia sia oggi sia nel più lontano futuro.

Esiste quindi una “esperienza originale” primordiale che definisce l’uomo che è tale da quando è apparso sulla terra. Una legge naturale che è insita nell’uomo stesso e che lo differenzia da tutto.

Dopo la seconda guerra mondiale a Gerusalemme fu istruito un processo internazionale per giudicare i criminali nazisti, si pensava che un tale processo dovesse durare pochi mesi e che fosse una formalità, essendo tanto evidenti e gravi i crimini commessi. In realtà il processo durò più di due anni perchè i giudici si trovarono di fronte ad un grande problema. Gli imputati sostenevano che non potevano essere condannati perchè loro avevano soltanto ubbidito agli ordini dei loro superiori. I superiori stessi, generali e ministri del Terzo Reich sostenevano che non solo avevano ubbidito ad ordini ma a leggi liberamente emanata da un parlamento di uno Stato Sovrano.

Si determinò un vero e proprio impasse che durò mesi risolto dai giudici con il supporto ed il consenso di tutta l’opinione pubblica internazionale, che sostennero l’esistenza nell’uomo di una legge naturale. Una legge propria dell’uomo, scritta nella sua coscienza, legge che definisce ed identifica l’uomo stesso e l’umanità. Nella gerarchia delle fonti legislative, tale legge naturale è al primo posto, prima delle singole leggi dei singoli paesi.         

Pertanto se una legge di un paese, seppure nata in un libero parlamento, dovesse essere contraria alla legge naturale, sarebbe non solo giustificato ma doveroso, non sottostare a quella legge.

Tutti gli organismi sovranazionali sorti nel mondo in quegli anni come l’ONU, la NATO, fino ad arrivare alla dichiarazione dei diritti individuali dell’uomo ed alle costituzioni dei singoli stati sovrani in definitiva si basano su questo concetto di legge naturale.

Allora tornando al problema cruciale iniziale cioè come farsi una propria convinzione, come giudicare tutto, occorre necessariamente che tutte le esperienze della vita di ogni uomo debbano confrontarsi con questa “esperienza originale“, con questa legge naturale.

Se si vuole essere “uomini” veramente umani, senza essere continuamente ingannati, alienati, strumentalizzati, mercificati dalla società, dai mass-media, dal potere, dalle ideologie dominanti, dobbiamo continuamente vagliare e paragonare tutto con l’esperienza elementare naturale dell’umanità e giudicare tutto in funzione a ciò che è l’essenza dell’uomo, la sua libertà, la sua dignità.

Questo compito non è facile ed è certo impopolare, è molto più facile affrontare la realtà e le situazioni della vita secondo la mentalità comune, sostenuta e propagandata dalla società dominante.

Se si è omologati alla mentalità dominante, si è più facilmente accettati, si fa più facilmente carriera. La società tende ad accettare ciò che è ad essa omologato ed a rigettare come organismo estraneo ciò che ad essa non si omologa. L’ulteriore rischio inoltre è che noi nasciamo, viviamo in questa società e quindi il modo di pensare omologato si sedimenta sulla nostra esperienza originale e la soffoca, la incrosta e così altera il nostro giudizio e non ci si rende neanche conto di essere all’interno di una specie di “Matrix“.

Per cui l’uomo di oggi fa fatica a giudicare eventi come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la pena di morte, per citare solo i più discussi.

Perchè ormai si è sedimentata nella società e nel modo di pensare comune, un concetto di uomo e di umanità che non è più quello tipico dell’esperienza originaria di ogni uomo.

Per capirci meglio consideriamo due concetti che nella situazione attuale, sono al centro della discussione mondiale, i concetti di libertà e di salute. (Chiaramente faremo delle semplificazioni per non dilungarci troppo, ma ciascuno, se vorrà, potrà approfondire quanto diremo.)

Il concetto di libertà propagandato nella società odierna e rilanciato dai mass-media è la libertà di andare a prendere l’aperitivo o di scegliere le vacanze, cioè la libertà dei polli in batteria.

Ma basta, non dico studiare, ma leggere il minimo indispensabile per sapere che il concetto di libertà è molto, molto più di questo e riguarda la natura originale dell’uomo, la sua autocoscienza, libero arbitrio e volontà, come tutta la cultura, dai filosofi greci alla verità evangelica fino ai pensatori moderni, hanno affermato. Per questo concetto vero di libertà migliaia di uomini e donne hanno donato la propria vita, testimoniando che la libertà così intesa è più importante e rilevante della stessa vita biologica.

Ugualmente, il modo di concepire nella società attuale il benessere e la salute fisica è indotto in noi dal clima culturale edonistico ed egocentrico in cui si è immersi.

Si giudica l’uomo dalle sue prestazioni, dalle performance, da qui il mito dell’eterna giovinezza, del salutismo e della rimozione della malattia, della vecchiaia e della morte. La massima “se c’è la salute c’è tutto” è un mito della società moderna, eppure si è così radicato e incrostato nel modo di pensare delle nuove generazioni che appare un dogma intoccabile.

Ma anche in questo caso è chiaro che in passato non era così, la mente intesa come pensiero, come spirito o anima che dir si voglia, ha sempre avuto la prevalenza sulla salute fisica.

Mens sana in corpore sano” sostenevano i nostri bisnonni. La vecchiaia era sinonimo di rispetto, di saggezza, la morte un passaggio dalla vita biologica alla vita spirituale senza fine.

Allora dobbiamo decidere che cosa fare della nostra vita.    

Vogliamo continuare a stare dentro “Matrix” senza neanche rendercene conto, con la libertà di andare a prendere aperitivi o di comprare nuovi cellulari, e di aspettare che la medicina e la scienza delle Multinazionali ci risolvano i problemi e che il governo dei migliori (spesso non eletti) ci spieghi qual è la nostra felicità e realizzazione? Oppure vogliamo riprendere in mano il nostro destino di uomini-liberi, confrontare e giudicare tutto quello che ci viene proposto o imposto con le vere esigenze e aspettative dell’essere uomo dotato di libertà, coscienza, volontà e spirito?     

Se si vuole restare uomini e donne veri, protagonisti della propria vita e della storia non si può che riprendere in mano il nostro destino, ciò vorrà dire andare contro corrente, spesso non essere capiti o stare ai margini, sentirsi isolati o addirittura soli.

Si tratta di un lavoro duro e quotidiano, ma è l’unica strada percorribile per vivere realmente.

Chiudiamo con una citazione di Benedetto XVI dal quale eravamo partiti “Il mondo è orientato da minoranze creative“, cerchiamo di essere queste minoranze. Cerchiamo di essere le primizie di una rinascita.

In una parola propriamente cristiana questa strada si chiama “conversione” nel suo significato etimologico, cioè cambiare noi stessi per cambiare il mondo.

Michele Albergo

Comments to: Essere “minoranze creative”

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