“Un aspetto poco interessante e sicuramente molto triste della contemporaneità è la rabbia repressa. La rabbia di tutti coloro che hanno sempre qualcosa su cui rimuginare ma che non hanno mai la pazienza di analizzare razionalmente. Inutile ripetere che la crisi che stiamo attraversando, invece che renderci migliori, ha peggiorato le cose.
Cosa si nasconde dietro le parole “coprifuoco”, “trincea”, “guerra”? Cosa si nasconde dietro la necessità di spiegare l’essenza delle cose sempre attraverso delle contrapposizioni?
Temo la paura. La paura dell’incertezza.
Non sapendo più interpretare i fatti e le parole ricorriamo alle banalizzazioni, alle apparenze e nella peggiore delle ipotesi all’aggressivita’.
No, il lockdown non ci ha reso migliori: misantropi eravamo e misantropi siamo rimasti (con buona pace di tutti quei valori democratici e liberali per i quali una volta si combattevano delle guerre vere…)
Il mondo non è mai stato un posto sicuro e l’incertezza è stata quasi sempre una costante. Se vogliamo, oggi, la vera certezza non è tanto paradossalmente la sua esistenza ma l’inesistenza di nuove idee per cavalcare i cavalloni all’orizzonte…”
Questo appunto è stato scritto in data 22/10, dopo essere stato investito dall’ennesima ondata di pessimismo.
Il giorno seguente, cioè ieri, mi sono svegliato e la prima cosa che ho letto è stato il resoconto di un’intervista radiofonica al dottor Pregliasco in cui si raccomandava di astenersi dal sesso perché “anche il nostro famigliare può essere un asintomatico”. Insomma, non bastava la dottoressa Roberta Rossi a ricordare che se hai un rapporto occasionale devi usare la mascherina, serviva anche la predica di Pregliasco per ricordarci che bisogna stare attenti. Che scop…erta! Ma davvero era necessario che qualcuno ci ricordasse che il rischio zero non esiste? Se non stessimo attraversando un’epidemia, avremmo bisogno di qualcuno che ci ricordi che bisogna indossare il preservativo se hai dei rapporti occasionali? Pardon, forse no, del preservativo è meglio non parlarne (soprattutto a scuola) e voi tutti sapete perché…
Posso ancora capire la dottoressa Rossi, ma Pregliasco no: dire che è preferibile non avere rapporti anche in una coppia stabile è ridicolo e pericoloso perché apre le porte a tutto (anche ai peggiori consigli). Se “anche un famigliare può essere sintomatico”, (affermazione in astratto vera), non faremmo meglio a questo punto a chiuderci in una cella come monaci di clausura e a rinunciare a tutto? La cosa più drammatica è che lo psicodramma che stiamo vivendo ha effetti devastanti sulle coscienze collettive, coscienze sempre più in balìa di una società di influencer dove da solo non puoi più decidere niente.
A proposito di influencer, l’appunto che ho scritto nella sera del 22 concludeva così:
“P.s. Non servono gli influencer per capire quando e come indossare la mascherina: se vi ritrovate in circostanze in cui non potete essere sicuri di essere isolati, indossatela. Se siete al volante e siete da soli ascoltate una canzone. Siate ragionevoli.”
La verità, purtroppo, è che di ragionevolezza in un mondo distratto e poco meritocratico c’è n’è poca. Se un Presidente del Consiglio chiama due noti influencer affinché convincano gli italiani a indossare la mascherina non mi scandalizza. Mi scandalizza piuttosto che chi non ha nulla da dirmi di costruttivo abbia una popolarità che migliaia di artisti di talento non avranno mai.
Io ve lo ripeto: il Covid-19 esiste ed è un problema pericoloso esattamente come l’ignoranza e la debolezza dello spirito dell’essere umano oggi; ciononostante, permettere che la paura diventi ossessione, e quindi scusa per accentuare i nostri peggiori istinti, oltre ad essere inutile può essere fatale.
Se quindi Rambert, il protagonista de “La peste” di Albert Camus si lamentava di vedere le persone morire per delle idee piuttosto che per amore, io, nel 2020, oltre a lamentarmi della morte di tante persone perché la politica non ha saputo investire in sanità, non posso non lamentarmi anche della morte interiore e psicologica di intere generazioni che non farebbero nulla né per delle idee né tantomeno per amore.
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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