Il nostro contributore esterno, il Notaio Albergo Michele ritorna su tematiche a lui care, accompagnandoci al Natale in una prospettiva di trascendenza

Tutti gli studiosi dell’umanità, non solo studiosi del pensiero come filosofi, storici, teologi, psicologi, ma anche studiosi della natura come scienziati, fisici, matematici, hanno riconosciuto o forse meglio preso atto che nell’uomo, l’universo prende coscienza di sè.

Solo l’uomo è autocosciente, cioè riconosce di essere il culmine di tutto il cosmo che lo circonda, finito ed infinito.               

L’uomo è quindi l’autocoscienza dell’universo.

Ma se questa constatazione è un dato acquisito di tutte le civiltà umane, la domanda che rilancia la questione è la seguente: perchè e dove l’uomo prende coscienza di sè e di tutto l’universo che lo circonda?

E’ bagaglio di tutte le civiltà umane che l’uomo abbia in sè un nucleo originario, libero e non condizionabile che le varie culture e tradizioni hanno chiamato: coscienza, psiche, spirito, anima, atman, ecc.

Ed è innegabile che è in questo “quid” propriamente umano che l’uomo diviene coscienza di sè e del cosmo.

Quid che nel prosieguo del discorso per semplicità chiameremo “coscienza“.

Ma  in che cosa consiste questa “coscienza“?

Le varie culture e tradizioni bimillenarie occidentali ed orientali ancora si confrontano su questo interrogativo, ma intanto, partendo da strade ed esperienze diverse ed a volte sovrapponibili, hanno chiarito che cosa la coscienza non sia.  

La coscienza non è i nostri pensieri; la coscienza non è i nostri bisogni e soprattutto la coscienza non è di natura biologica cioè materiale.

Esaminiamo sommariamente questi tre punti, come un articolo di questo genere può fare, scusandoci delle inevitabili semplificazioni, ma fornendo lo spunto per un approfondimento che chi vuole può certamente fare, data la sterminata bibliografia, studi, analisi, seminari, ecc. oggi facilmente fruibile sulla rete.

La coscienza, lo ripetiamo, non è certamente i nostri pensieri.                            

Questa è l’esperienza che la tradizione occidentale ha fatto nella preghiera e la tradizione orientale ha fatto nella meditazione.

Chiunque abbia fatto, seppure superficialmente esperienza di preghiera o di meditazione, ha potuto constatare che noi non siamo i nostri pensieri, ma che i pensieri vengono, a volte proprio ci assalgono.

Se mentre sto pregando oppure sto meditando, mi assale per esempio un pensiero di paura, faccio esperienza che questo pensiero posso scartarlo, posso mandarlo via.

In questo campo le tradizioni orientali del buddismo e dell’induismo sono più radicate nella esperienza popolare di quelle culture, quindi per un orientale è più semplice ed intuitivo fare l’esperienza che non siano i nostri pensieri, per un orientale è più naturale liberarsi da un pensiero, senza necessariamente pensare ad altro.

Invece per noi occidentali è più difficile perchè in occidente si è sviluppata a tutti i livelli una filosofia e quindi un modo di essere legato al pensiero.           

Da Kant a Cartesio negli ultimi tre secoli l’uomo occidentale si identifica con i propri pensieri.  L’occidentale medio, anche se non ha mai letto questi filosofi, vive integralmente in una società dove respira per osmosi continuamente la massima di Cartesio: “Penso, quindi sono“.

Noi occidentali riusciamo a scacciare un pensiero solo accogliendone un altro.         

Pur tuttavia, è chiaro, è sperimentabile che la nostra coscienza non è nei nostri pensieri, ma è un nucleo più profondo e più libero.

Ugualmente la nostra coscienza non è i nostri bisogni, ma anche i bisogni continuamente ci incalzano.

Ho fame, ho sete, ho sonno, ecc.  anche in questo caso le tradizioni tanto occidentali che orientali con le esperienze della rinunzia, ci provano che noi non siamo i nostri bisogni.

In questo, per la verità, l’occidente, con le tradizioni ebraiche-cristiane del digiuno, della rinunzia, del sacrificio non ha molto da imparare dall’oriente.  Pur tuttavia anche in questo ambito l’uomo medio occidentale è rimasto indietro, in quanto più di due secoli di un pensiero e quindi di una politica, di una economia basata sulla soddisfazione di ogni bisogno e sul consumo e quindi sul capitalismo-consumistico, hanno portato noi occidentali a parametrare tutto sui nostri bisogni materiali, sulla loro soddisfazione e sul loro consumo.

L’uomo occidentale è diventato “il consumatore” e su questo concetto inedito si sono scritte leggi, fatti ingenti investimenti, orientate le politiche degli stati.  

Quindi per l’uomo medio occidentale, oggi è molto più difficile fare l’esperienza che noi non siamo i nostri bisogni.

E’ interessante in questo ambito, fare un seppur veloce riferimento, alla esperienza del Giappone, nella quale, dopo la seconda guerra mondiale e le relative bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, le nuove generazioni hanno ripudiato frettolosamente una tradizione plurimillenaria di meditazione e di introspezione, a favore delle logiche consumistiche e capitalistiche americane ed europee, creando una vera e propria scissione nelle coscienze, un intimo e inconscio bipolarismo che ha creato una delle società più alienate, staccate dalla realtà, dove il tasso di nevrosi e di suicidi, anche tra i giovani, è a livelli inauditi.

Passiamo alla terza e più dibattuta questione e cioè al problema se la nostra coscienza sia o meno di natura biologica cioè materiale.                            

Esistono due grandi scuole di pensiero in merito e su questa dicotomia anche l’uomo medio, e quindi l’umanità più o meno consapevolmente si divide.

C’è chi sostiene che l’autocoscienza si sia determinata nell’uomo grazie all’evoluzione biologica che in miliardi di anni ha creato le sinapsi del cervello umano portando così l’homo sapiens ad avere coscienza di sè e dell’universo.  In altre parole è l’universo stesso che nella sua evoluzione di adattamento e di miglioramento è arrivato ad un agglomerato di materia talmente sofisticato, cioè l’uomo, in cui la materia è diventata cosciente di sè.

D’altra parte c’è chi sostiene che l’autocoscienza venga da un principio creativo, primario e assoluto, non materiale. Un logos, preesistente alla materia ed all’universo stesso che ad un certo punto abbia infuso gratuitamente nell’uomo la coscienza.

Ma a ben guardare, chi crede che l’autocoscienza venga dall’evoluzione della materia non potrà mai dimostrarlo; ugualmente chi crede che l’autocoscienza venga da un principio creativo, assoluto, libero ed immateriale, non potrà mai dimostrarlo. 

Quindi, sempre di fede si sta parlando, siamo tutti credenti, solo che crediamo in modo diverso.

Tuttavia proprio la scienza più moderna, la scienza alla quale i fautori della prima tesi spesso si riferiscono, sta verificando che la materia come noi la intendevamo non esiste.             

Max Plank, padre della fisica quantistica, afferma che la materia non esiste, ogni materia non è altro che una forza cioè un energia.

Un altro scienziato come Haisenberg ha rilevato che quella che noi chiamiamo materia, si identifica a volte come particelle, a volte come onde, che a volte non si sa perchè spariscono per poi ritornare, non solo ma mutano a seconda della fonte che li osserva, cioè interagiscono con l’osservatore (il cosiddetto principio di indeterminazione di Heisenberg).

Anche qui il lettore, se lo riterrà opportuno, troverà tante fonti per un approfondimento.

Quindi in definitiva i più moderni studi scientifici fanno sì che le due tesi contrapposte si congiungono, se infatti anche la materia non è che energia, allora la coscienza umana è energia.  Si ritorna allora alla intuizione delle antiche tradizioni che la chiamano anima, psiche, spirito, atman.

Affermare quello che la coscienza umana non sia, non risolve però il quesito fondamentale: che cos’è la coscienza dell’uomo?

Rispondiamo come faceva Platone, 400 anni prima di Cristo nel dialogo con Socrate intitolato “Fedone“.

Pare a me Socrate, o forse anche a te, che la verità sicura in queste cose nella vita presente non si possa raggiungere in alcun modo o per lo meno con grandissima difficoltà a meno che non si possa, con maggiore agio e minore pericolo fare il passaggio con qualche più solido trasporto, con l’aiuto cioè della parola rivelata di un Dio“.

Platone dunque auspica o profetizza per capire l’essenza della coscienza umana la rivelazione di Dio.

Ma rilanciamo allora, il discorso con un altra domanda.

Questa rivelazione divina è accaduta storicamente nell’umanità?

E la grande ricorrenza che tutto il mondo festeggerà tra pochi giorni non rende presente a tutti gli uomini che questo Logos è veramente sceso tra di noi per rivelarci la nostra essenza intima?

Ogni uomo deve rispondere lealmente a questa domanda, e la sua vita sarà radicalmente diversa a seconda di come vi risponderà.

            Michele Albergo

In copertina abbiamo una delle ultime opere dell’artista pescarese Claudio De Gregorio, Avvocato, in arte COG. “Pensiero Notturno” tecnica mista, 30 x 40 cm su tela, 2022.

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