Nel 1979 Roger Waters compone uno dei brani più complessi e autobiografici dei Pink Floyd: “Mother“, sesta traccia del concept album “The Wall“. Tutta l’insicurezza, tutte le fragilità, la crisi di personalità e i dubbi dell’autore esplodono in questo muto dialogo tra Pink, il protagonista dell’album e sua madre. Nel corso dell’album Pink, che altro non è che una proiezione dell’autore stesso, analizza la sua vita e il muro (the wall appunto) che si è costruito attorno. Una sorta di trincea-prigione che dovrebbe proteggerlo dalla sofferenza e dalla assurda normalità del mondo. Nel corso dell’album l’autore dall’interno del muro analizza se stesso e la sua prigionia attraverso flash della sua infanzia (la perdita del padre, partito per la seconda guerra mondiale e mai più tornato, fu il primo mattone del muro), il suo presente da rockstar, incompreso dal suo stesso pubblico e totalmente alienato dalla relatà (il muro al suo massimo esponenziale è quello tra il palco e il pubblico), e un futuro/presente alternativo dove il protagonista è divenuto un dittatore che impone la sua sofferenza al mondo, un mondo che invece di combatterlo lo accoglie, lo eleva e lo premia.
Tutte queste immagini, fatte di piani temporali ed esistenziali diversi, si intrecciano senza soluzione di continuità a formare un mosaico delirante, il tutto accompagnato dalla musica graffiante e solenne dei Pink Floyd in stato di grazia.
Uno dei punti centrali di questa riflessione è proprio l’invocazione alla madre del protagonista, che oggi vogliamo omaggiare, dove sono tante le domande senza risposta che vengono formulate. La madre è una presenza affettiva, teoricamnete positiva, ma che ha finito per diventare parte del muro, artefice delle insicurezze e dei timori del figlio.
Spostiamoci ora nel 2020. I grandi muri dell’europa non ci sono più, carte di diritti civili si sono diffuse in tutto il mondo, si circola senza passaporto nei paesi dell’area Schengen, la democrazia e il parlamentarismo sono i capisaldi indiscussi dell’occidente e i progressi della tecnica e della medicina promettono un mondo sempre migliore, sempre in grado di fronteggiare le avversità.
Tutto ciò poteva valere al massimo fino a gennaio. Oggi in piena estate, quanto detto sopra appare del tutto anacronistico. Sembra quasi di trovarsi al cospetto di quelle vecchie immagini anni sessanta in cui si vede fumare serenamente nei ristoranti, a teatro, nei cinema, negli aerei addirittura, e il fumo avvolge le figure come se fossero attori su un palcoscenico. Nel guardarle si ha inevitabilmente la percezione di un mondo passato, andato, che in effetti non poteva durare, che probabilmente non tornerà mai, e da cui emerge una fascinosa nostalgia. Inizia ad accadermi ora la stessa cosa nel vedere immagini di ragazzi a ballare in spiaggia senza mascherina, di assembramenti (rectius: riunioni) in spiaggia tra amici……
E tornano, puntuali dopo quarant’anni, attualissime e feroci, le domande gridate da Pink a sua madre dall’altro lato di un muro impenetrabile. “Mother Should I trust the Goverment?” “Madre dovrei credere al Governo?”.
La situazione in italia, in questa giornata di mezza estate, quanto ai numeri di decessi e di ricoverati in terapia intensiva, va decisamente migliorando. I contagi sono ancora presenti, ma in numeri non allarmanti . Nonostante ciò la strategia della paura continua. Titoli di giornali e servizi giornalistici sono sempre a caccia del prossimo focolaio, ad invocare la prossima quarantena inevitabile, a diffondere il terrore dell’assembramento.
Cosa abbiamo imparato da questa recente crisi sanitaria, economica e delle Istituzioni? Abbiamo solo recuperato l’utilizzo nel lessico comune della parola “congiunti?”.
Volendo provare ad unire i fatti degli ultimi sei mesi, il disegno che emerge è dei più inqiuetanti: La progressiva e inesorabile de-parlamentarizzazione della crisi, un Presidente della Repubblica perlopiù inerte, una magistratura sconvolta dalla corruzione (caso Palamara e sentenza Berlusconi).
Di fatti tutti i nostri organi costituzionali sono stravolti, soffocati immobilizzati. Non operano più con la giusta mobilità o credibilità costituzionale. E a contraltare di tutto ciò, monolitico tra questi ruderi, si erge il più forte esecutivo che l’italia abbia mai conosciuto dopo il ventennio fascista: non più un duce, ma un Conte. Un Conte che, evidentemente non soddisfatto del proprio strapotere decide di prolungare di altri 180 giorni lo stato di emergenza. Viene da chiedere se sia l’emergenza che necessita di essere gestita da un governo forte o se piuttosto sia il governo a necessitare di un’emergenza per giustificare il proprio operato. Da un punto di vista logico se l’eccezione diviene la regola, vuol dire che le regole sono state cambiate, e questo significa rivoluzione.
Prolungare ad oggi lo stato di emergenza è un comportamento che non so qualificare se non in termini criminali. Detto stato emergenziale, a norma di legge per essere dichiarato necessita dei caratteri dell’attualità (e attualmente il numero degli ospedalizzati non è critico) e dell’insussistenza dei mezzi ordinari (mezzi che attualmente basterebbero a garantire la sopravvivenza della civiltà). Hitler divenne un dittatore nel 1933, all’indomani dell’incendio doloso del Reichstag, il parlamento tedesco. Dopo tale avvenimento il capo politico della Germania, per tutelare i cittadini, chiese e ottenne pieni poteri e iniziò a sospendere progressivamente i diritti civili nella nazione. Si tornò alla normalità solo dopo una guerra mondiale e un genocidio.
Assumere poteri speciali, stravolgere l’ordine costituzionale, sono decisioni pericolosissime, da affrontare solo quale estrema ratio per la sopravvivenza di una Nazione. Ad oggi i temi sociali concreti sono la ripresa dell’economia, i bonus vacanze, i licenziamenti, le tasse, il ritorno a scuola, il divieto di assembramenti in spiaggia………. L’unica minaccia che potrebbe giustificare un’emergenza non viene dal virus ma dal nostro governo, che ormai sembra chiuso dietro il suo muro di potere.
Se mai il virus tornerà alla virulenza e alla mortalità di questa primavera (cosa che nessuno si augura) si potrebbe discutere della nuova dichiarazione dello stato di emergenza, a livello parlamentare. Farlo oggi è l’ennesimo sacrilegio normativo.
Dunque abbiamo visto e vissuto una crisi de-parlamentarizzata. Abbiamo visto i parlamentari eletti dal popolo italiano sostituiti nelle loro funzioni da taske force. Abbiamo visto discutere della rinascita economica fuori dal parlamento, in un palazzo nobiliare detto Villa Dora Pamphili, tra persone convocate a scelte del nostro premier. E oggi dobbiamo vedere dichiarare uno stato d’emergenza al fine di ottenere poteri speciali in assenza di un’emergenza.
Rimanete sintonizzati perchè temo che questa escalation non si fermerà qui…..
Siamo soliti concludere gli articoli di Pensiero Divergente con domande aperte per noi stessi e per i nostri lettori. In questa circostanza lascio questo compito a Roger Waters, con il brano che trovate in link qui sotto.”Mother, sholud I Trust the Government?” https://www.youtube.com/watch?v=73UMWoXRbjg
Antonio Albergo
Classe ’94, diplomato al liceo classico di Pescara Gabriele D’Annunzio, Laureato in Giurisprudenza alla Luiss di Roma e ora praticante notaio. Appassionato di cinema e viaggi, si divide tra la gestione di PensieroDivergente e lo studio notarile.
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