Dove e quando finiscono i dettagli di un “complotto”? Cosa significa veramente essere “complottista”? L’impoverimento del lessico, una crescente forma di aggressività verbale e una serie di osservazioni storiche e sociali impongono un nuovo esercizio di trasparenza.

Mi sono più volte domandato nelle ultime settimane se esistesse ancora un barlume di razionalità intorno a me e ogni volta che ho cercato di interrogare pazientemente la mia coscienza sono stato costretto a rispondere con rassegnata negatività.

A giudicare con imparzialità il “ritorno della storia” nelle nostre vite non si può che restare, infatti, sbigottiti: non già per “il ritorno della storia” in sé ma per come l’umanità ha deciso (?) di reagire.

Cerco di spiegarmi meglio: se meno di un anno fa mi fossi imbattuto in qualche simpatica “teoria complottista” mi sarei fatto una risata ma dopo aver visto come un Esecutivo può mentire ai propri cittadini qualcosa dentro di me mi ha spinto ad interrogarmi con attenzione sul reale significato della parola “complotto”.

Umberto Eco fece notare a suo tempo come spesso i complotti, pur mostrandosi come spiegazioni invise ai potenti, siano essi stessi uno strumento di potere utilizzato per screditare i nemici politici o creare un capro espiatorio (si pensi, ad esempio, a cosa fecero i nazisti grazie ai Protocolli dei Savi di Sion) e aggiunse che i complotti veri, a contrariis, sarebbero stati tragicamente evidenti e rapidi.

Nulla di strano, quindi: nulla di occulto…

Ciò che viene sussurrato in continuazione non è un complotto e ciò che invece sorprende, invece, sì.

Cosa dire, però, di quelle strane e inquietanti conferme dalle retrovie circa realtà come “l’identità digitale”?

Quando mi dissero che la “certificazione verde” sarebbe stata l’anticamera di un’identità digitale europea, risi, nonostante abbia da sempre criticato i fondamentali della “certificazione verde”

Eppure, qualcosa è cambiato ed è cambiato quasi all’improvviso…e Bruxelles ha spinto l’acceleratore sulla creazione di un’identità digitale entro il 2024…

Ancora una volta è l’industria che fa pressione sulla politica (e senza mezze misure): secondo uno studio della società di consulenza Research and market, il mercato globale dell’identità digitale è arrivato a valere nel 2021 16,6 miliardi e la prospettiva è di una crescita annua del 16%, fino ai 40,44 miliardi del 2027. In Europa questi sistemi sono presenti in 19 Paesi e coprono il 59% dei 450 milioni di persone che vivono all’interno dell’Unione. 

Ora, compreso dunque il peso sull’economia di un settore estremamente redditizio, si pongono due problemi: il primo, concerne l’indipendenza delle Istituzioni pubbliche rispetto al potere economico; il secondo, concerne un problema etico che abbiamo già osservato…

Se è vero, come sostenuto da più parti, che “il lasciapassare verde” è stato un “banco di prova”, cosa sarà dunque necessario fare per avere un’identità digitale?

Si badi bene: il sottoscritto non appartiene alla categoria di chi guarda a qualsiasi documento di identità come ad un maldestro tentativo di coercizione; tuttavia, è opportuno ricordare che i documenti di identità sono rilasciati ai cittadini a prescindere dalle loro scelte semplicemente perché cittadini, appunto, di una comunità.

Se, come già accaduto, il non aver effettuato una determinata vaccinazione non obbligatoria sarà “condicio sine qua non” per poter avere l’identità digitale, cosa resterà del cittadino?

Poniamo un esempio: se nel 2024 sarà possibile aprire un conto corrente solo attraverso un’identità digitale rilasciata a coloro che avranno il “certificato verde”, cosa faranno coloro che per scelta non hanno deciso di sottoporsi ad un determinato vaccino?

Fantapolitica? Sembra proprio di no.

Cosa dire, inoltre, dei (ridicoli) tentativi di chi vorrebbe introdurre una patente a punti per i cittadini modello?

Il Comune di Bologna ha recentemente annunciato, infatti, che vorrebbe promuovere un’app per premiare tutti quei cittadini che osservano determinati comportamenti.

In linea di principio, nulla di negativo nel premiare un cittadino virtuoso rispetto ad un cittadino non virtuoso…ma sulla base di quali parametri? Chi garantisce che un domani il “cittadino virtuoso” sarà colui che non ha mai preso parte ad una manifestazione?

In ogni caso, sul tavolo resta anche in questo caso un concetto: i comportamenti virtuosi sono comportamenti che devono essere incoraggiati con l’esempio e l’educazione, non con i premi. Se scegliamo i premi il cittadino non sarà mai più cittadino ma suddito o peggio… “servo”.

E cosa dire, invece, della “tarantella” a dir poco inquietante circa l’origine del virus Sars-Cov-19? Cosa dire delle voci che hanno ipotizzato un’origine artificiale del virus in questione? (Voci che nessuno ha smentito ufficialmente e che, anzi, sono state ritenute fondate da numerosi esperti) …

E cosa dire, in conclusione, delle dichiarazioni del direttore esecutivo del World Economic Forum, Klaus Schwab, quando ha espresso soddisfazione per aver “infiltrato” in numerosi governi personalità vicine alla sua scuola?

Pur ripudiando seduta stante ogni opinione controversa e difficilmente argomentabile circa l’esistenza di un possibile “complotto sionista” e, di conseguenza, ogni tentativo di trovare una spiegazione che leghi Klaus Schwab o George Soros ai Protocolli dei Savi di Sion, credo che ci sia comunque tanto di cui discutere (e non a porte chiuse) …

Il tema, infatti, è un altro, ed è disgustosamente ovvio: magari non esiste nessuna manovra ai danni delle nostre democrazie, magari qualcuno ha davvero teorizzato un progetto visionario per noi ma se esiste un connubio tra persone in seno ad un progetto transnazionale prevalga la trasparenza, almeno per una buona volta!

Se personalità illustri della politica, dell’economia e della cultura appartengono ad un’organizzazione che intende dare vita ad un “Nuovo ordine mondiale” si facciano avanti e lo dichiarino!

Come già ampiamente spiegato, è, dopotutto, una mera questione di trasparenza.

Se qualcuno intende controllare ogni singolo aspetto della nostra vita come in “1984” e spiegarci che un cittadino che non ha nulla da temere non ha nulla da nascondere, chi condivide qualcosa che non è stato presentato nel corso di una manifestazione elettorale faccia proprio il pensiero appena ricordato: si faccia avanti (se non ha nulla da nascondere) …

Non è possibile “stracciarsi le vesti” per la democrazia un giorno e ignorare quanto debole sia diventata la politica (non solo in Italia) al cospetto della finanza.

Non è possibile puntare il dito contro un fatto negativo e dimenticare quanto pericoloso sia un cattivo bilanciamento di interessi per un sistema civile fragile ma straordinariamente ineguagliabile come la democrazia, appunto.

La nostra civiltà ha un disperato bisogno di senso, logica e valori. L’invasione dell’Ucraina ma soprattutto l’epidemia di Covid-19 lo hanno dimostrato ampiamente.

Prima, quindi, di riempire il vuoto delle nostre anime con sospetti, inganni e trucchi antichi, qualcosa dovrebbe forse rianimare le nostre coscienze e risvegliare sentimenti e moti di spirito sopiti, sentimenti e moti di spirito fondamentali per (ri)scoprirci umani, finalmente.

In sintesi: come già ricordato, ciò che si osserva magari non è davvero ciò che sembra; ciononostante, alla luce di quanto importante sia diventata per noi la valorizzazione di princìpi come l’autodeterminazione e la libertà di scelta, si faccia chiarezza lì dove spesso si tergiversa.

Comments to: Una questione pubblica

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