Torno ad osservare (e a sopportare, finalmente) una società insipiente grazie a ciò che mi regala l’estate: la ricerca ossessiva della freschezza, il mare, la campagna, il tramonto, l’aperitivo, la notte infinita…
Nel corso degli ultimi tempi, ho notato, infatti, con estrema incredulità quanto fragile sia l’essenza non solo di chi per scelta vive come un gregario, ma anche l’essenza di chi ha preteso di essere un simbolo per gli altri.
In effetti, la grande (ri)scoperta delle ultime settimane è stata proprio l’ipocrisia di chi a parole ama sedurre il proprio pubblico decantando princìpi come quelli di libertà e spirito critico ma poi, appena il Governo introduce una nuova restrizione tace e punta il dito contro tutti quelli che dicono “ma” accusandoli di essere “terrapiattisti”.
Sì, se facessi degli esempi concreti sarei sicuramente più incisivo ma non credo che in questa sede farò i nomi di chi ho ascoltato mettere sullo stesso piano chi critica i “Lascia passare” ai “terrapiattisti”; perciò, mi limiterò all’essenziale, ossia alla denuncia: perché, a parole, siamo tutti bravi nel difendere la libertà ma poi chi dovrebbe denunciare delle contraddizioni tace?
Generalizzare fa molto male. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Per questa ragione, screditare tutti coloro che hanno avuto dubbi legittimi (e fondati) sulle politiche del Governo in termini di gestione della pandemia significa tradire ciò che di più sacro uno Stato laico conosce: il dibattito.
Un esempio: le contraddizioni non solo pratiche (ma anche scientifiche) del “Lasciapassare verde” sono state evidenziate dai fatti e la storia ci ha dimostrato chiaramente che anche un soggetto vaccinato può ammalarsi e contagiare, per cui, chiedersi che senso abbia avuto il “Lasciapassare verde” non significa essere “no vax” ma semplicemente ragionevoli.
L’uso improprio di determinate etichette sociali può essere fortemente discriminatorio e non solo può causare dei disagi psicologici (soprattutto tra i più giovani) ma rischia di inquinare il dibattito pubblico in maniera irreversibile.
Se nel calderone dei “complottisti” mettiamo chiunque sollevi dei dubbi e fornisca delle solide argomentazioni a sostegno delle proprie domande, personalità come Mentana potrebbero sentirsi in dovere di invitare conseguentemente nelle proprie trasmissioni televisive solo chi non contraddice l’Esecutivo.
Un altro esempio: nel corso del 2021, le compagnie di assicurazione negli Stati Uniti d’America e in Europa hanno rivisto al rialzo i premi per le polizze vita dedicate a chi ha meno di sessantacinque anni. La ragione è presto spiegata: le statistiche hanno denunciato un aumento insolito di decessi (non riconducibili al Covid-19) nella fascia d’età under 65 e di conseguenza, le compagnie di assicurazione si sono regolate.
Ora, se volessimo servirci del metodo scientifico, dovremmo individuare la variabile che ha sparigliato le carte in tavola nell’ultimo anno e partendo da questa cercare di fare un’analisi oggettiva ma guai a farlo: si potrebbe infatti scoprire che la variabile introdotta è una campagna di vaccinazione di massa.
Naturalmente, ciò che si intende scrivere non è che una campagna di vaccinazione ha provocato delle morti improvvise ma siccome abbiamo due dati sul tavolo da tenere in considerazione, credo sia opportuna un’indagine affinché venga chiarito ogni dubbio (andrebbe dopotutto a vantaggio della stessa comunità scientifica) …
Pretendere trasparenza, dunque, non è appannaggio dei soli “complottisti” ma di chiunque abbia a cuore (veramente) la democrazia.
Magari, ripeto, i dati in seguito ad un’indagine accurata ci dimostreranno che nessun vaccino è stato causa di migliaia di morti sospette ma per esserne sicuri occorre senza dubbio una ricerca dettagliata e scevra da ogni forma di pregiudizio.
Se difenderemo solo a parole e in teoria lo spirito critico, ci estingueremo presto e con noi si estinguerà ogni parvenza di democrazia.
La verità, infatti, è che dietro il triste declino dei presupposti della democrazia si scorgono inoltre i cedimenti della Repubblica, intesa proprio come “Res publica”.
Da tempo, mi domando con crescente insistenza cosa farò del mio voto nel 2023, in occasione delle elezioni politiche e da tempo non riesco a trovare una risposta diversa dall’astensione.
Sì, lo so: “votare è un dovere civico” ma perché sprecarlo per votare chi non meriterebbe nemmeno l’offerta di un caffè al bar?
“Absit iniura verbis” ma non ho davvero nessuna stima per la classe politica del mio paese e l’inconsistenza di chi dice tutto il contrario di tutto.
Populismo? Forse. Ma come fidarsi di chi non ha il coraggio di fare praticamente nulla?
Ne consegue, con gigantesca amarezza che, una classe dirigente incapace di parlare alle persone e una legge elettorale che non darà a nessuno una maggioranza non potranno che stendere un tappeto rosso ad un nuovo governo tecnico.
Un nuovo governo tecnico sì, un nuovo governo “dei migliori”.
Lo scenario ipotizzato non solo è possibile ma anche probabile e purtroppo, sebbene la classe politica non sia all’altezza del compito non promette nulla di buono…
Le maggioranze parlamentari saranno solo funzionali ad un’agenda imprecisa e in termini di grandi riforme qualcosa continuerà inevitabilmente a mancare all’appello.
Spero di sbagliarmi ma ciò che abbiamo già osservato nell’ultimo anno non può che preoccuparci.
Infodemia, paralisi istituzionale, perdita di fiducia dell’elettorato, inflazione, recessione economica, disservizi, appiattimento del pensiero, omologazione delle nuove generazioni, sono segnali inequivocabili che non è più possibile trascurare e che di sicuro non risolveremo continuando a difendere un cimitero di “sepolcri imbiancati” lungo le strade che portano al cuore di Roma (o di Bruxelles).
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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