L’Italia attuale in tutte le sue ambiguità in questa fine del 2020.
Dimmi dov’è la direzione, fallo prima che finisca la canzone

Così recita il ritornello di una famosa canzone di Adriano Celentano, che suona sempre più spesso nella mia testa quando leggo le notizie riguardo la posizione dell’Italia non solo nel cosiddetto “scacchiere” internazionale, ma anche e soprattutto sulla posizione che il nostro Paese si trova a prendere riguardo dibattiti e situazioni che si consumano nel mondo. Dopo anni che l’Italia tiene un piede in due scarpe laddove, però, è inserita in compagini geopolitiche ben definite come possono essere l’Unione Europea, la NATO, il G7, compagini che danno una definizione ben precisa, ferma e chiara del ruolo e della posizione italiane, temo che si sia arrivati ad un punto critico. Alcuni nostri partner europei hanno già esaurito la pazienza, altri la stanno perdendo e a noi italiani la cosa sembra lasciarci totalmente indifferenti. Peccato che poi, facendo orecchie da mercante, pretendiamo ancora e ancora e ancora in virtù di una presunta superiorità e indispensabilità che, a ben vedere, in Europa non abbiamo più da veramente troppo tempo. Non è mia intenzione, tuttavia, limitarmi ad un j’accuse nei confronti del nostro sciagurato eppure amato Paese; al contrario, l’obiettivo è presentare alcuni dei più recenti casi in cui l’Italia non si è dimostrata un buon partner europeo, in cui è risultata ambigua e in cui ha minato la propria credibilità verso la comunità internazionale.

È ormai ampiamente risaputo che la pandemia da nuovo Coronavirus COVID-19, purtroppo, ha pesato particolarmente sul nostro Paese. Non si vuole, con questo pezzo, imputare buona o cattiva gestione dell’emergenza; si intende, piuttosto, parlare del come il nostro Paese ha reagito al cambiamento della situazione nazionale e internazionale alla luce di piani politici che, verosimilmente, già si avevano tempo prima della pandemia. La politica del “puntare i piedi” in Europa, chiedere più soldi, pretendere la cancellazione di tutti i debiti o di buona parte di essi, l’ambiguità dei rapporti internazionali tra blocchi geopolitici anche diametralmente opposti si portava avanti già prima, dagli albori del governo cosiddetto giallo-verde, e con il COVID-19 ha assunto soltanto una maschera più nevrotica, più spinta e talvolta addirittura più spudorata, senza la benché minima preoccupazione della vergogna e del decoro.

1. L’Italia, il Recovery Fund e il Next Generation EU

Il primo episodio che vorrei ricordare è la tensione con l’Olanda in fase di preparazione dell’allora Recovery Fund. Fu un episodio che mi fece indignare e che,  col passare del tempo, appare ai miei occhi sempre più grottesco. Sintetizzando la questione l’Olanda, nella figura del Premier Mark Rütte, avanzò una richiesta all’Italia che per la prima volta fu pronunciata de visu ma che serpeggiava da anni nella parte settentrionale d’Europa. La richiesta era di fornire un piano di riforme e di sviluppo prima di ricevere i fondi per assicurarsi, da una parte, il pieno impiego di tali fondi, i quali in casi di mala gestione potrebbero anche non essere spesi, dall’altra per condizionarne l’erogazione. Per fare un esempio pratico: non ti do 20.000 euro per comprare una bicicletta, posso dartene anche meno, come non ti do 200 euro per comprare un’automobile. L’Olanda voleva sapere se l’Italia intendesse acquistare una bicicletta o un’automobile.

L’Italia rispose con una polemica che occupò i media per settimane. Nacque in questa occasione la dicitura di “Paesi frugali”, come se fosse segno di virtù stoica stare attenti ai bilanci del proprio Paese e non un imperativo categorico del governante. In Italia, d’altronde, le spese non sono mai un problema, soprattutto se i soldi sono di altri. Non sono mancate, naturalmente, le risposte a Rütte di venire a mangiare la pizza e a godersi il mare prima di chiederci come vogliamo spendere i suoi soldi. La divergenza fu appianata in verità più grazie alla Germania che grazie alle buone maniere del nostro Presidente del Consiglio. Non solo: la Germania convinse anche l’Olanda e gli altri “frugali” a rimuovere le condizionalità esterne dal MES per le spese sanitarie, una misura di sostegno pensata proprio per Paesi come l’Italia. Ebbene, il MES lo ha accettato soltanto Cipro; noi abbiamo preferito continuare a scrivere “infermieri eroi” su Facebook. Alla fine, l’unico effetto che ha avuto questa tarantella è stata dare argomenti all’avversario politico di Rütte, il quale dice pubblicamente ed esplicitamente che non darà un euro all’Italia.

2. David Sassoli e la remissione dei debiti

Il secondo episodio che voglio riportare è molto più recente e riguarda un passaggio di una intervista che l’attuale Presidente dell’Europarlamento David Sassoli, italiano e del Partito Democratico, ha rilasciato a La Repubblica. Come se non ci fossero già sufficienti motivi di perdita di credibilità internazionale nei confronti dell’Italia, il Presidente Sassoli tra un buon auspicio e un altro dichiara che sarebbe giusto cancellare il debito fatto per sostenere le spese straordinarie che la pandemia da COVID-19 ha comportato. Ora, sorvolando sul fatto che a parlare di cancellare, strappare, dare in pasto al focolare dell’Altare della Patria i debiti siamo sempre noi in Europa, tanto per non aggravare la diffusa idea che noi siamo quelli che chiedono i soldi in prestito e poi non intendono restituirli, andando un po’ più a fondo emerge quanto per certi aspetti la prospettiva possa ritenersi anche più grave del borghiano strappare i debiti.

Innanzitutto trovo gravissima la provenienza politica di questa affermazione: giunge dal PD una considerazione che fino al giorno prima trovavi in bocca a esponenti di Lega e Movimento 5 Stelle, dell’ala euroscettica. Personalmente l’ho trovato l’ennesimo appiattimento delle forze politiche italiane che rende futile la dialettica maggioranza/opposizione, visto che in entrambi gli schieramenti serpeggiano gli stessi malsani pensieri. Giustificatissima, quindi, la levata di scudi dello stesso PD, che già non brilla per posizioni nette.

La dichiarazione, poi, si inserisce nel bel mezzo dei negoziati per gli aiuti economici ai Paesi che devono riprendersi dalla pandemia. È un po’ come se dicessi candidamente di avere le mani bucate o di soffrire di ludopatia davanti a persone che ti stanno aiutando a ottenere un mutuo o un prestito. L’Europa è sul punto di erogare solo per noi tra i 180 e i 209 miliardi di piano di aiuti economici e noi rispondiamo che sarebbe giusto non pagare un centesimo per questi aiuti. E i sacrifici degli altri Paesi? Le tasse in più che pagheranno anche per noi? Tutti quegli accordi e le discussioni che ci sono state per pianificare una erogazione di fondi che non facesse crollare l’Eurozona?

Sembra che a noi interessi soltanto delle nostre mancette e prebende, dei soldi da buttare in mano a qualche frangia di popolazione che inevitabilmente ne svantaggerà un’altra, e non contenti creiamo anche tensioni e instabilità all’interno di quei Paesi che ci aiutano, fomentando e dando argomenti ai leader che si oppongono a quelli ora al Governo e che, fossero stati loro nella medesima situazione, non avrebbero erogato un centesimo all’Italia.

Il punto più importante, però, è quello politico: la risposta alla dichiarazione che ha fornito la Banca Centrale Europea suona più come una nota di metodo che come una replica. La cancellazione di debiti, infatti, è un atto politico su cui la BCE non ha l’autorità di mettere bocca. La questione necessita di una discussione parlamentare in cui tutti i Paesi d’Europa devono essere d’accordo. Tale decisione non sarebbe priva di conseguenze ma, con la presa di responsabilità di tutti i Paesi, sarebbe quantomeno affrontabile come sfida. Invece è stato il solito piagnisteo buttato lì a una testata nazionale che ha avuto il solo effetto di far innervosire ulteriormente i partner europei e la BCE sempre invocata da noi come panacea per tutti i mali del mondo. Ne è risultata l’ennesima figura provinciale e vittimista di un Paese che non sa più a che santo rivolgersi.

3. Giuseppe Conte e Joe Biden

In ultimo, a titolo sempre del tutto esemplificativo, l’Italia non si è ufficialmente congratulata con Joe Biden per la vittoria elettorale alle Presidenziali degli Stati Uniti d’America. Pare da alcuni report da Palazzo Chigi che il premier Giuseppe Conte abbia sentito al telefono Biden soltanto tre giorni dopo, dopo la Cina che almeno ha fatto esporre il suo ambasciatore. Conte siede in compagnia di Putin e Xi Jinping (e il Messico) tra coloro che hanno mal digerito evidentemente la vittoria di Joe Biden, o almeno apparentemente è così. Sarà stata semplice disorganizzazione o davvero “Giuseppi” si aspettava una seconda presidenza Trump ed è rimasto deluso e scoperto da questo cambio di pedine nello scacchiere mondiale? E se è vero questo secondo scenario, che interessi aveva con l’ex Presidente Trump il Premier Conte?

4. Dunque, qual è la direzione?

Emerge da questo piccolo quadro che il nostro Paese risulta sempre più scomodo a stare con un piede in due scarpe: la scarpa globalista, che ci vede in Europa con i partner più forti e al fianco degli Stati Uniti, e la scarpa anti-globalista, che sogna una chiusura interna, un ritorno alle nazioni e ai loro interessi particolari, al fianco di Russia e Cina. Sembra che la situazione per noi non sia cambiata dalla Guerra Fredda. Il problema è che, da una parte, per il resto del mondo la situazione è cambiata e parecchio, dall’altra questo gioco non ha smesso di essere pericoloso il 1989. Stare in Europa ci terrà al sicuro ma, con queste continue pulsioni anti-Unione, prima o poi i nostri partners ci volteranno le spalle. Lì non basteranno le buone maniere di “Giuseppi” a salvarci. E il Fondo Monetario Internazionale non è come la Banca Centrale Europea.

Comments to: Italia, che direzione hai intenzione di prendere?

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