Al centro della città di Imola, la città in cui vivo, sorge piazza Matteotti: il centro perfetto, il cuore pulsante della vita cittadina. Qui, in antichità, sorgeva non casualmente il foro dell’antica Forum Cornelii.
Ogni passeggiata che si rispetti trova al centro la sua degna conclusione ed è proprio al centro che è finita naturalmente una passeggiata poche sere fa in compagnia della mia ragazza.
Appena raggiunta la piazza, non siamo stati attirati immediatamente dalla magnificenza del palazzo comunale o dall’eleganza di palazzo Sersanti, (di fronte), bensì da un fatto insolito: un uomo disteso esattamente al centro della piazza, osservava il cielo in compagnia di un cane e di una bicicletta.
Non potendo oggettivamente fare niente di particolarmente utile, ci siamo fermati in un angolo a goderci una sigaretta e la freschezza rilassante di una di quelle prime brezze tipiche delle migliori sere d’estate.
Pochi minuti dopo è sopraggiunta una volante della Guardia di finanza: gli uomini che ne sono discesi si sono avvicinati gentilmente all’uomo disteso al suolo e dopo un lungo confronto, si sono allontanati.
La persona che avevano interrogato ha lasciato la piazza dopo pochi minuti dirigendosi nella direzione opposta.
Nonostante la sorpresa, mi sono chiesto cosa avrei fatto io al posto degli agenti: come avrei reagito di fronte uno sconosciuto disteso in una piazza? Lo avrei invitato gentilmente ad allontanare il luogo o lo avrei pregato di seguirmi in caserma per accertamenti?
Mi sono chiesto cosa si sarebbe potuto fare concretamente insomma in un frangente simile e alla fine mi sono convinto che la Guardia di finanza avesse agito bene: chi o cosa stava danneggiando quel ragazzo? Cosa può giustificare un funzionario di pubblica sicurezza ad abusare del proprio potere e a dimenticare il volto gentile di una società che la gentilezza non sa più, purtroppo, cos’è?
Il giorno dopo, mi giunge la notizia della morte di George Floyd a Minneapolis e ricordando quanto accaduto la sera precedente in piazza Matteotti, ho pensato di dover descrivere la mia delusione scrivendo qualcosa.
George Floyd è stato assassinato davanti agli occhi del mondo intero da un ginocchio che gli ha tolto il respiro e dalle mani in tasca, mani in tasca che nascondono qualcosa di brutale e inconfessabile: il disprezzo.
Non riesco a fare finta di niente, a non pensare a John Fitzgerald Kennedy e a Martin Luther King, non ci riesco proprio…
Mi domando quale senso abbiano avuto il loro sacrificio e mi chiedo seriamente come mai l’Occidente sia ancora così succube dell’ignoranza storica…
Non mi interessa la ragione per cui quello sconosciuto che ho incontrato in piazza Matteotti giaceva al centro della piazza e non mi interessa neppure sapere se George Floyd fosse sotto l’effetto di droghe come si è letto… nessuno, soprattutto un rappresentante dello Stato, ha il diritto di sfiorare un cittadino, un altro essere umano. Punto. Non si discute.
Qui non solo si mettono in discussione le memorie di chi è morto in nome dei diritti civili, ma anche quei pilastri fondamentali che sono stati alla base della nostra civiltà: uno tra tutti, l’habeas corpus, cioè quel complesso di norme che garantiscono, nelle Costituzioni dei vari paesi dell’Occidente, la libertà personale del cittadino.
Sono felice di essere italiano. Chi mi conosce bene sa quanto ami il mio paese e quanto mi aspetti da parte dello stesso un balzo in avanti e oggi più che mai non posso non nascondere la mia rabbia: non solo per quanto accaduto a Minneapolis ma soprattutto perché l’Italia, paese straordinario e gentile, potrebbe sicuramente offrire molto di più di quanto offra oggi (sotto tanti punti di vista).
In Italia, salvo rari casi che hanno indignato l’opinione pubblica, nessuno soffocherebbe un cittadino con un ginocchio tenendo le mani in tasca perché non possiamo negarlo: noi siamo sensibili e sono contento che il nostro non sia appunto un paese violento.
Ispirandomi a Giorgio Gaber quando cantava “Io non mi sento italiano”, mi “incazzo” e sbattendovi “sulla faccia cos’è il Rinascimento…” mi chiedo perché un paese straordinario come il nostro non sia un baluardo di cultura e di benessere nel panorama delle democrazie occidentali… noi che, appunto, a differenza di chi vive di contraddizioni, non perdoneremmo mai l’uccisione di uno straniero.
Vorrei dedicare un momento a George Floyd e a tutti coloro che hanno subito violenza ingiustificata per colpa della disumanità di chi non conosce cos’è realmente un essere umano. Vorrei insomma dedicare un pensiero a chi è morto o ha sofferto a causa di quella cieca convinzione che striscia e insidia le menti dei più deboli convincendoli di essere migliori di un loro simile solo perché sono semplicemente diversi…
Vorrei invitarvi a riflettere con due citazioni, la prima di Immanuel Kant e la seconda di Martin Luther King: “Coloro che dicono che il mondo andrà sempre così come è andato finora contribuiscono a far si che l’oggetto della loro predizione si avveri”, quindi, citando ora Martin Luther King vi invito a ricordare che “Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima”.
Siamo davvero così vulnerabili di fronte al contagio della violenza? Io spero di no e spero che l’Italia, come già auspicato, alzi la voce nel mondo, senza paura, e ricordi a tutti cos’è la Civiltà.
Siamo davvero così vuoti e privi di memoria da rischiare un futuro segnato dall’apatia?
Ancora una volta spero di no e spero di non essere solo.
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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