Sarò franco e come al solito, poco retorico: la rielezione di Sergio Mattarella non è un fatto da festeggiare.
Provo un profondo rispetto per la figura del Presidente della Repubblica, in modo particolare per la persona di Sergio Mattarella. Credo che non tutti sarebbero infatti capaci di sopportare il dolore che l’uccisione di un fratello può provocare.
Provo inoltre, come già accennato, un profondo rispetto per le Istituzioni e la Repubblica e chi mi conosce bene sa quanto creda nel Parlamento e nei valori della Costituzione.
Ciononostante, a prescindere da quanto ho appena scritto, mi è difficile ignorare che Sergio Mattarella, come giurista prima di ogni cosa, non abbia fatto sentire la sua voce di fronte ai limiti e ai paradossi dei diversi pass introdotti dall’Esecutivo.
Facciamo un passo indietro: l’Italia è una Repubblica parlamentare e il Presidente della Repubblica deve essere eletto dal Parlamento. Piaccia o no, ma funziona così.
Perché, però, agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica l’elezione del Presidente della Repubblica è sembrata una farsa?
E’ tutta colpa della Costituzione? O la politica ha una parte di responsabilità?
Personalmente, in termini assoluti, a me non dispiacerebbe una riforma costituzionale che facesse dell’Italia una Repubblica semi-presidenzialista o addirittura presidenzialista, ma a prescindere dalla mia personale opinione credo che la riforma dell’architettura costituzionale dello Stato sia, attualmente, un non-problema.
Mi spiego meglio: se domani l’Italia diventasse una Repubblica semi-presidenzialista o presidenzialista, potremmo avere la certezza di non eleggere al Quirinale una persona inappropriata?
Certo, la possibilità di eleggere una persona inappropriata è un limite della democrazia che si deve accettare, ma pur snellendo la procedura di elezione del Capo dello Stato chi potrebbe garantirci la risoluzione di tutte quelle problematiche di natura politica che ben conosciamo?
Il tema, dunque, il vero problema, non è quindi come eleggiamo il Capo dello Stato ma il Sistema stesso.
Fino a quando non avremo, infatti, una nuova legge elettorale e una classe politica più attenta saremo costretti a ripetere il dramma che costringe un paese a restare dove si trova…
La presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi spiega, non casualmente, la questione.
A prescindere, di conseguenza, dalla figura dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri, l’Italia, esattamente come tutti i paesi dell’Occidente, è chiamata in conclusione a rispondere ad una sfida che non può più ignorare: il ruolo della politica, appunto, nelle fasi di decisione e nel suo rapporto con la finanza.
Ciò che abbiamo assistito negli ultimi decenni sta forse raggiungendo l’apice? E’ presto per dirlo.
In ogni caso, è opportuno, oggi più che mai, un approfondito esame del reale potere della politica affinché la democrazia possa tornare ad avere un senso.
Tutto, in società, si collega e si spiega in funzione di fattori spesso fuggenti per cui, mettendo da parte quelle opinioni poco nitide che possono distrarci guardiamo la realtà e affrontiamo, una volta per tutte una verità scomoda: la rielezione di Sergio Mattarella, esattamente come l’esistenza del Governo Draghi, sono una sconfitta per la democrazia.
Tutto in regola con la Costituzione, certo, (almeno in questi casi), ma niente risponde più ai bisogni dei cittadini.
Lo ripeto e lo ripeterò ancora, a costo di sembrare ripetitivo: le disfunzioni pubbliche, il malcontento, i dubbi, le preoccupazioni sono temi che riguardano tutti e se la classe politica non sarà in grado di rigenerarsi e riprendere il bandolo della matassa che conduce ai nodi che infettano le ansie dei popoli non potrà esserci resurrezione alcuna per quei valori che “festeggiamo” il 25 aprile e il 2 giugno.
In conclusione, non possiamo non porci una domanda: la politica saprà rivalutarsi? La società sarà in grado di proporre delle figure all’altezza di una lotta senza precedenti? Personalmente, a giudicare da cosa vedo in giro e nei palazzi del potere, temo di no e temo, di conseguenza, che l’estetica continuerà ancora a lungo a drogare le nostre coscienze…
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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