“Ci stanno guardando dall’Europa e dal mondo per i decreti che abbiamo approvato, ci stanno già chiedendo una copia di questo decreto. Anche nella ripresa l’Italia è ammirata.”

Così, ha inizio la favola populista del governo italiano: un governo privo di logica moderna, un governo fondato su presupposti ed equilibri inappropriati per affrontare il crollo costante e inesauribile di un sistema già da tempo provato.

La verità è che quando si deve parlare di un paese che ha risposto concretamente all’emergenza, nessuno pensa all’Italia.

Il New York Times racconta che è stata la Germania, e non l’Italia “la prima democrazia occidentale ad aver contenuto la diffusione del Covid-19 e ora è la prima a ripartire” (grazie ai test per gli anticorpi prima di tutto).

In Italia, non abbiamo parlato altro che di “restare a casa” per ben due mesi nella speranza che tutto passasse da solo ma, come sottolinea ancora il New York Times “Non è stato messo in atto un chiaro sforzo nazionale per impedire alle persone contagiate di infettare le loro famiglie”.

Chiedere di restare a casa è stata una (non) strategia giusta nel momento in cui nessuno sapeva come affrontare la diffusione del virus ma dopo tre mesi, rischia di somigliare ad una dimostrazione dell’impotenza delle istituzioni e della politica di fronte alla complessità della realtà.

Perché gli italiani hanno perso la fiducia nella classe politica? Perché gli italiani sono sempre più costretti ad organizzarsi autonomamente? Non aver mai preteso affidabilità e competenza da chi ricopre un incarico pubblico ha avuto conseguenze gravissime: il vuoto lasciato aperto infatti dall’assenza di dialogo ma soprattutto di educazione civica, è stato riempito dal caos, un caos dove i cittadini rispondono alla non chiarezza delle norme con approssimazione.

Ancora una volta, il mondo dell’istruzione è chiamato a rispondere delle proprie colpe perché se i cittadini italiani sono spesso sempre più orfani di un sano pensiero critico e di un adeguato senso civico è prima di tutto colpa di un sistema “educativo” appunto non moderno, un sistema educativo privo di progetti e visioni (esattamente come la politica).

Cosa possiamo aspettarci oggi da una classe politica che esita in “tempo di pace” su qualsiasi questione?

Il fallimento della nostra democrazia si rivela ogni volta che viene smascherata l’ipocrisia di chi non solo dice che “andrà tutto bene” ma lo dice senza avere una visione per il paese.

Ogni volta che pago un professionista o acquisto un prodotto pretendo qualcosa in cambio del mio sacrificio economico: perché (mi chiedo,) non posso quindi pretendere progetti da chi è chiamato non solo a legiferare ma anche a governare?

Per anni, siamo stati costretti a subire il racconto propagandistico che ci chiamava ad essere tutti laureati perché altrimenti saremmo stati trattati come lavoratori di serie b; per anni, siamo stati costretti a subire il racconto propagandistico che ci diceva cosa dovevamo studiare e come; per anni siamo stati infine costretti a subire, senza diritto di replica, le raccomandazioni di chi ha ingiustamente creduto che un titolo di studio bastasse a renderti un lavoratore e un cittadino migliore senza ricordare tuttavia che la forma non è sempre sostanza e che anche un DPCM, esattamente come qualsiasi atto normativo, non è sempre e necessariamente una soluzione…

Siamo vittime, insomma, ancora una volta dell’apparenza, ma siamo soprattutto vittime dell’ipocrisia non solo di chi crede che andrà tutto bene ma anche di chi ci ha chiesto sacrifici ma poi giustifica la presenza di ministri senza titoli di studio o esperienze.

Come può dunque, un cittadino italiano credere e fidarsi di chi contraddicendosi dimostra la sua inadeguatezza ogni giorno?

Comments to: La forma non è sempre sostanza

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