“Ei fu.” Così cominciava “Il cinque maggio”, un’ode che Alessandro Manzoni scrisse di getto pochi giorni dopo aver saputo della scomparsa di Napoleone Bonaparte.

E “Ei fu” dovrebbe essere quindi il degno inizio di un contributo dedicato alla vita di un uomo, Silvio Berlusconi, che nel bene e nel male, ha condizionato la vita di chi ha avuto la fortuna di nascere nel 1994.

Tuttavia, “Ei fu” non può descrivere solo il momento in cui mi ritrovo a vivere, probabilmente, le stesse emozioni che visse Alessandro Manzoni perché “Ei fu” è una frase che ripeteva spesso anche mio padre quando ricordava la sua infanzia.

Da quando ho capito che sapere non basta, ho infatti iniziato ad apprezzare il fascino del “pensiero laterale” e di conseguenza, quando questa mattina ho pensato a Silvio Berlusconi, al “mio” “5 maggio”, ho pensato al fatto che mio padre era molto orgoglioso di ricordare ogni verso dell’ode del Manzoni perché non aveva mai potuto dimenticare quando da bambino era stato costretto a patire il gelo fuori da un’aula per non aver imparato correttamente i versi dedicati al vincitore di Austerlitz.

È dunque inevitabile, per me, non tenere conto del fatto che un giorno come quello appena vissuto sia un giorno particolare dove non poche coincidenze hanno avuto occasione di presentarsi ed è forse per le ragioni appena ricordate che qualcosa mi suggerisce di provare a guardare “più in là” un’altra volta.  

Ho sentito una piccola fitta al petto quando morirono Umberto Eco, Sergio Marchionne, Andrea Camilleri ed Ennio Morricone ma oggi che Silvio Berlusconi muore, non muore solo un uomo che ho avuto occasione di conoscere di persona ma anche un pezzo della storia del mio paese e della mia breve vita.

A differenza di Umberto Eco, Sergio Marchionne, Andrea Camilleri ed Ennio Morricone, Silvio Berlusconi ha infatti contraddistinto ogni istante della mia esistenza terrena e non già perché fossi nato un mese prima che Forza Italia vincesse le elezioni per la prima volta ma perché Silvio Berlusconi è stato qualcosa di invadente e profondamente ingombrante.

Di un “5 maggio” che ha luogo a giugno, il 12 giugno, per l’esattezza, potrei dunque scrivere tanti dettagli ma le uniche parole che riesco a condividere adesso con il vuoto sono parole che hanno per oggetto la noia perché il presente, già resosi noioso da tempo, sarà indubbiamente ancora più noioso d’ora in avanti…

Rileggerò “Il principe”, come ho anticipato, per tentare di capire ma non basterà; proverò a studiare il senso di ciò che si colloca “al di là” ma anche questo sono sicuro non servirà perché ogni ragionamento che oserò non solo si dovrà confrontare con la storia e con un’analisi complessa ma con il senso del potere e, in modo particolare, del potere in Italia.

Divisivo, controverso, eccentrico e ridondante: non abbiamo perdonato Silvio Berlusconi per pietà come dice qualcuno ma perché ciò che era, era in tutti noi; non senza dubbi scrivo perciò che non basterebbe (e non basterà di sicuro) un libro per spiegare il contributo di Silvio Berlusconi al panorama complessivo del paese perché le uniche cose che restano alla morte di un protagonista sono cose complesse che un non-protagonista sfiora e che solo grazie allo studio della storia può tentare di avvicinare.

L’ineluttabile, il dramma del potere che gioca con gli esseri umani e li costringe a superare ciò che è “bene” e ciò che “male”, le “volpi”, i “leoni”, l’infinito di fronte al quale tutti, in conclusione, ci spogliamo sono solo alcuni dei perfetti “elementi di scena” che compongono il teatro dove ha vissuto Silvio Berlusconi: un uomo che, ripeto, non capiremo qui e non capiremo oggi.

Io, dal canto mio, provai a tentare di capire qualcosa del fondatore di Forza Italia quando a sei anni, domandai a mio padre “chi prenderà il suo posto un giorno”? e lui mi rispose con un sorriso imbarazzato e una sigaretta: “Nessuno lo sa.”

Poi, ho provato ancora a interrogare la vita e la storia ma ben poche sono state le risposte convincenti per cui anche oggi che ho quasi trent’anni vorrei andare da mio padre e domandargli come allora “chi prenderà il suo posto?”.

Ma la storia, di cui ho già ampiamente scritto, oggi mi impone di capire il senso di ciò che fu, anzi “ei fu” “Il 5 maggio” e accettare definitivamente che ciò che è stato ha senso solo quando lo si impara a conoscere, ad accettare, ad amare e a perfezionare.

In Italia c’è stato un tempo in cui tutti potevano essere “Silvio Berlusconi” e quel tempo, in qualche modo, è finito. L’eredità economica di una prosperità che ha permesso a uomini come mio padre, ad esempio, di poter fare “piccole, grandi cose” ha risvolti anche adesso che scrivo ed è naturale che nella mia fragilità io mi riscopra ora insicuro delle mie capacità di fronte a ciò che è rimasto.

In qualche modo, so per certo, in ogni caso, che faremo e, a prescindere da giudizi tecnici e morali che non mancheranno sulle azioni e sulla vita di Silvio Berlusconi, credo che il mio “5 maggio” sia alla fine un “5 maggio” un po’per tutti. Inevitabilmente.

A prescindere da tutto e da tutti, c’è non a caso un punto in cui il grande spettacolo del potere si fa torbido, quasi incomprensibile ai più ed è per questo che per riuscire a cogliere il suo senso occorre fare un passo indietro e guardare le cose da un’altra prospettiva…

“Sì ma Lui era…”, lui era tante cose, come lo fu Napoleone Bonaparte e come sarà (credo) qualunque altra persona chiamata a soddisfare l’ambizione e a guidare altri esseri umani: non ci sarebbe storia o “scienza” della storia senza eccesso, senza sbagli od opacità ed è ad essa, perciò, che vale la pena affidarsi ora con la certezza (o speranza) che prima o poi, qualcuno, possa capirci finalmente di più e fare di più. 

Comments to: Il mio “5 maggio”

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