Vorrei richiamare una sfuggente visione,
un timido baluginio
visto
una sera,
dopo un nuovo aperitivo.
Vorrei richiamare qualcosa di insolito,
non un sogno,
ma una visione, appunto:
una certezza unica e difficilmente spiegabile.
Vorrei,
a mano a mano,
con il vento,
tornare a sorridere,
a vivere una gioia vera,
autentica:
un’energia potente,
una magia antica.
Vorrei non pensare ai miei anni,
cancellare cose che ho scritto di fretta.
Vorrei tornare a sognare.
Vorrei di nuovo,
Italia,
tornare a viverti:
stringerti in un pensiero stanco
ma felice
prima di dormire,
dopo una giornata sudata
e colorata;
vorrei una certezza
o perlomeno un’illusione:
una luce costante,
una luce ferma.
Vorrei essere di nuovo diverso,
cioè me stesso,
vorrei prendere
ancora
tutte quelle sensazioni
assurde
e vere
che mi hanno costruito
e dipingerci
una speranza senza confini.
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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