Bentrovati nella rubrica “un libro in un minuto”. Oggi voglio parlarvi di un libro di Luigi Preti intitolato, come si può facilmente immaginare “Giovinezza, giovinezza…”. Un romanzo dalla forte impostazione autobiografica, che ci offre una preziosa occasione per riflettere su vari temi centrali nel progetto di pensiero divergente, come l’importanza di avere ben saldi alcuni valori fondamentali, la difficoltà di riconoscere di essere inseriti in una narrazione costruita ad arte e la fatica che costa tirarsene fuori. Ma è anche la storia del riscatto di una generazione perduta, la generazione che avrebbe dovuto ereditare il nuovo impero fondato da Mussolini, quella formatasi negli studi superiori e universitari durante il ventennio del fascista, e che invece ha ricostruito un’Italia democratica dalle macerie del regime caduto.

Le vicende raccontate si svolgono tra il 1935 e il 1945, e dipingono una panoramica completa della vita durante il fascismo dal punto di vista di alcuni giovani universitari in un’immaginaria città di provincia, Padusa, che non si fatica a identificare con Ferrara, città natale dell’autore. Nella prima parte del libro abbiamo modo di conoscere i vari protagonisti mentre sono perfettamente integrati nella vita sociale e di attività politica promossa dai gruppi GUF (Giovani Universitari Fascisti), in cui ricoprono anche ruoli di primo piano. Seguendoli nella loro quotidianità ci viene indirettamente descritta la strettissima compenetrazione tra organi del partito e istituzioni statali, nonché la forza sottile della propaganda di regime, che infiltrandosi in ogni anfratto della vita sociale rendeva molto difficile il compito di distinguerla dalla realtà.

Tuttavia, inizia quasi subito l’illuminante descrizione della crisi interiore di Giulio, alter-ego dell’autore, e del suo amico Giordano. Quest’ultimo infatti assume gradualmente un atteggiamento critico nei confronti del fascismo e stimola Giulio a rivalutare posizioni di cui era convinto più per abitudine che per reale convinzione. La comune formazione giuridica dei due amici li ha sì imbevuti di strutturalismo fascista, ma ha anche fornito a due menti brillanti gli strumenti metodologici necessari per analizzare la realtà, e nei loro dialoghi è descritto dettagliatamente il percorso verso posizioni antifasciste. La maturazione di questa nuova consapevolezza viene senz’altro aiutata da alcuni eventi a loro contemporanei, in particolare dalla manifesta ingiustizia della guerra di aggressione contro l’Etiopia e dall’inutile accanimento delle leggi razziali.

La seconda metà del libro è invece dedicata alla distruzione: dell’illusione imperiale coltivata da Mussolini, delle armate italiane, mandate allo sbaraglio senza organizzazione né equipaggiamento adeguato e del partito fascista, che sgretolandosi scade sempre più nel grottesco. Infine, si assiste impotenti alla distruzione dell’Italia stessa, campo di battaglia di eserciti stranieri e dilaniata dalla guerra civile tra partigiani e repubblichini irriducibili. Il libro si chiude con il vento di speranza portato dalla vittoria degli “Alleati” e con la liberazione dell’Italia. Rimane tuttavia il sapore amaro del fallimento totale della classe dirigente e la realtà di un Paese diviso, demolito dalla guerra.

Qui finisce il romanzo e inizia la carriera politica di Luigi Preti nell’Italia democratica. Dopo aver letto di questa generazione perduta, del destino che il regime aveva sognato per lei, le illusioni infrante, la devastazione della guerra, sia nelle campagne all’estero, sia sul territorio nazionale, la storia ci insegna che quella generazione saprà ricostruire l’Italia.

La vita di Luigi Preti è un esempio luminoso di questa rinascita, e con la Storia si intreccia molto intimamente. Nel 1946 è eletto segretario provinciale del partito socialista e poi deputato all’Assemblea Costituente. Ricoprirà ruoli di dirigenza del partito socialista dal 1950 fino alla fine della prima Repubblica. Tra gli anni ’60 e ’70 gli sono affidati vari incarichi di governo nello svolgimento dei quali si occupa sia di problemi sociali che di questioni più puramente tecniche; per esempio sarà il padre, insieme a Bruno Visentini, della riforma tributaria con cui, tra le altre cose, viene introdotta l’I.V.A. in Italia. Al termine della sua carriera, sarà stato deputato per nove legislature consecutive.

Uomini di questa statura, specialmente in periodi bui come quello che stiamo affrontando, sono senz’altro da conoscere e a cui ispirarsi. Sicuramente la lettura di questo romanzo e la vita dell’autore riescono a parlare attraverso i decenni che ci separano dalle loro vicende, con i dovuti adattamenti, anche alla nostra generazione. Proverò a riferire quello che ho sentito, e alcuni parallelismi con la nostra generazione, nel prossimo articolo.

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