Indirettamente, il “Green pass” e il “Super Green pass” minacciano anche l’articolo 21 della Costituzione, nello specifico il primo comma:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di informazione.”

Dopo la fortissima pressione legislativa e mediatica per la vaccinazione, il non essere vaccinati, come abbiamo già visto non è solo indicativo di uno stato di salute: il non essere vaccinati, rischia infatti di essere un dato idoneo a rivelare opinioni e convinzioni.

Ripetiamo: le motivazioni e gli argomenti della posizione appena descritte possono sicuramente essere più o meno razionali e convincenti ma di tutta evidenza non appartengono più soltanto al campo delle scelte individuali rispetto ai trattamenti sanitari poiché hanno una valenza politica, sociale e ribadisco filosofica.

Di conseguenza, l’utilizzo improprio dell’appellativo “no vax” può diventare a tutti gli effetti uno stigma sociale forte.

Per evitare quindi un discrimine e quindi una violazione diretta o indiretta del primo comma dell’articolo 21 è necessario, di conseguenza, il ripristino di una comunicazione realmente pluralistica, dove le voci diverse da quelle di un coro autorizzato darebbe la possibilità di poter confrontare differenti ipotesi di realtà, differenti visioni future e differenti sviluppi di vita possibili per fronteggiare scenari profetizzati come apocalittici ed inevitabili.

Va da sé che è nella teoria che emerge da un confronto che si possono comprendere i dati.

Il punto, quindi, è che non è possibile negare la parola a prescindere, sarebbe sbagliato e controproducente.

Allo stato attuale l’espressione di un’opinione non allineata con il mainstream non appare praticabile senza ritorsioni, minacce o pubbliche gogne mediatiche: una voce dissonante viene inevitabilmente etichettata come fake news o complottismo, immediatamente aggredita e processata non attraverso seri e più che leciti dibattiti ma con ostracismo radicale a priori dal sistema mediatico.

Ciononostante, non bisognerebbe dimenticare che in un sistema democratico e garantito da una Costituzione, nessuno dovrebbe imporre come e dove attingere le informazioni, trattando di fatto il destinatario come un infante ingenuo e non in grado di intendere e di discernere.

Occorre aggiungere che l’“aggressione” indiretta all’articolo 21 della Costituzione è altresì un “aggressione” al primo comma dell’articolo 33 della Carta: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.”

Perché? Per quanto riguarda l’arte, è subito spiegato: le ragioni di una possibile “aggressione” al libero esercizio dell’arte sono le medesime che inficiano la libertà di espressione previste dall’art.21: può esserci, da parte di un’artista la possibilità di esprimersi liberamente su un argomento senza il timore di un linciaggio pubblico alla sua persona?

Per quanto concerne invece la scienza si rende necessaria una domanda: può esserci trasparenza e normale conduzione della vita democratica in un contesto globale dove le case farmaceutiche detengono un potere contrattuale più forte di quello degli Stati?

Nel numero 1439 de “L’Internazionale” (“Lo strapotere della Pfizer”) è emerso infatti un quadro preoccupante del modus operandi con il quale l’azienda farmaceutica statunitense domina il mercato e i rapporti con le Istituzioni.

“Formalismi” penserà qualcuno che dimentica quanto ci si è spesi per garantire fin dai tempi di Rockfeller delle normative in materia di antitrust e lobbying…        

In conclusione: la risultante di una comunicazione a senso unico e priva di criticità è un’informazione monocolore, che non solo spinge sui pedali dell’uniformità di pensiero attraverso la paura, ma che snatura di fatto la ricchezza e l’evoluzione della cultura e atrofizza la libera ricerca ed espressione di sé.

E’ ovvio che non può esserci confronto tra chi sostiene una teoria sulla base di una serie di evidenze e chi mescola delle opinioni contradditorie e frammentarie ma se è vero che l’evidenza fa emergere da un dibattito la verità non può esistere timore alcuno dei risultati.

In sintesi: anche il Governo e i mass media hanno spesso strumentalizzato i dati e spacciato per verità assolute convinzioni che sono state smentite dai fatti.

Un esempio? Le parole del Presidente del Consiglio dei ministri il 24 novembre: “Con il “Super Green pass” salveremo il Natale…”

Ora, per quanto istituzionali potessero sembrare queste affermazioni, con il senno di poi si possono ritenere affidabili? O si possono paragonare ad opinioni frammentarie degne dell’ultimo dei complottisti?

Veniamo ora all’articolo 32 della Costituzione:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” 

Apparentemente “Nulla quaestio”: Il Green pass è una misura con cui gli italiani possono continuare ad esercitare le proprie attività, a divertirsi, ad andare al ristorante, a partecipare a spettacoli all’aperto, al chiuso, con la garanzia, però, di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose.”

Ma è stato veramente così? Inutile ripeterlo: no.

Il “Green pass” e il “Super Green pass” hanno quindi effettivamente tutelato la salute? Se una persona vaccinata può trasmettere e contrarre il virus Sars-Cov-19, possono il “Green pass” e il “Super Green pass” proteggere? Qualcuno direbbe che possono proteggere chi non li possiede, ma stesso discorso si può fare per chi è fragile e comunque li possiede?

Il tema dell’obbligatorietà è già stato ampiamente sviluppato recentemente ma la recente introduzione dell’obbligatorietà per chi ha più di 50 anni e non lavora ha riaperto inevitabilmente il dibattito.

Di primo acchito, l’obbligatorietà per chi ha più di 50 anni incontra l’esigenza di tutelare chi è teoricamente maggiormente esposto ad un decorso pericoloso della malattia; ma può quest’obbligo ritenersi legittimo senza una preventiva revisione del consenso informato?

La giurisprudenza degli ultimi decenni della Corte costituzionale ha ritenuto incostituzionale tutte le norme di obbligo vaccinale che non contenessero anche disposizioni sulla necessità di indennizzo, per cui, attualmente, l’obbligo vaccinale per chi ha più di 50 anni (e non solo) è un obbligo incompleto e profondamente lesivo di un dettato giuridico ed etico che prima o poi la Consulta dovrà affrontare…

Riassumendo: pur riconoscendo le difficoltà pratiche che si possono incontrare nella gestione di una pandemia, non è possibile ignorare quei limiti di natura politica, sociale e culturale che sono stati ampiamente superati.

Delegittimazione delle minoranze, dilagante scientismo, pressapochismo comunicativo, propaganda a senso unico, delegittimazione della politica e del Parlamento, incauto utilizzo di misure fortemente divisive e poco pratiche, inflazione normativa e assenza di un reale piano di risanamento dell’apparato sanitario pubblico non sono problemi che ho inventato io e non sono problemi che riguardano soltanto chi possiede il “Green pass” e il “Super Green pass”.

La Costituzione, esattamente come il diritto alla salute non sono, infatti, prerogative di una sola fazione bensì strumenti a disposizione di tutti i cittadini, senza limitazione e differenze.

Allo stesso modo, sono strumenti a disposizione di tutti i cittadini, senza limitazione e differenze, il diritto ad un’informazione trasparente e il diritto espressione.

Ricordare quanto possa essere complesso un fenomeno è, di conseguenza, non solo un obbligo morale ma un dovere civico poiché comporta, inevitabilmente, un’attenzione costante per tutti quei processi essenziali per il corretto funzionamento di una democrazia matura.       

Comments to: No grazie, i pass mi rendono pensieroso (parte terza)…

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