Se avete una visione faziosa ed eccessivamente ideologica della vita non continuate la lettura di questo articolo. Oggi sarò spietato.
Pochi giorni fa, poco prima che il Presidente del Consiglio dei ministri annunciasse Urbi et orbi l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto, un curioso accostamento di servizi al telegiornale ha risvegliato in me una precisa indignazione: poco dopo un servizio dedicato agli animali in via d’estinzione sono stato costretto a sorbirmi un servizio dedicato al ritrovamento di uno scheletro di un dinosauro. Capito? Poco dopo aver parlato di tutti quegli animali ad un passo dalla scomparsa definitiva, come se nulla fosse si è parlato di un animale scomparso milioni di anni fa. Dovremmo forse accettare ormai in modo rassegnato che l’inevitabile destino degli orsi polari e degli elefanti sia quello di diventare reperti da museo? In un mondo costruito sui messaggi subliminali, il collegamento non è immediato ma esiste; dopotutto, siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i messaggi subliminali della pubblicità…
Inutile scrivere che nella mezz’ora precedente ai servizi appena descritti, non si è parlato altro che di Coronavirus in modo indiscriminato e senza cognizione dei dati.
Ogni giorno e ogni sera, vi sfido a provarmi il contrario, siamo costantemente vittime di un bombardamento di dati che nessuno ci spiega, un bombardamento dove di si gioca a dadi con il caso, dove si confondono positività con malattia, contagio con mortalità, senza analisi critica.
Che informazione è mai questa, dunque, mi domando e vi domando? Come ci si può fidare di un’informazione sterile che riduce tutto ad una questione di numeri, distorti e stravolti?
Di fronte al pericolo, non si banalizza l’ostacolo ma lo si razionalizza e lo si gestisce grazie alla più potente delle armi di cui dispone l’essere umano: la ragione.
La ragione, nei secoli, non solo ci ha consentito di costruire una civiltà sempre più tecnologicamente evoluta ma anche una civiltà dove esistono dei diritti chiari e una separazione evidente tra diritti, appunto, e doveri.
Al diavolo (scusate), l’atteggiamento fazioso che mette contro i cosiddetti “negazionisti” a coloro che invitano alla prudenza; al diavolo (scusate di nuovo) la costante (e irragionevole) ossessione di chi non sa spiegare il mondo se non attraverso una spaccatura manichea dell’essere: gira e rigira siamo sempre a conclusioni irragionevoli e quindi contrarie alla nostra natura di esseri senzienti e pensanti.
Ogni volta che un politico incompetente viene eletto, la nostra democrazia muore. Allo stesso modo, la nostra democrazia muore tutte quelle volte in cui l’apparenza vince sulla concretezza e un professore schiaffeggia e umilia un alunno perché non indossa la mascherina… sarà bene ricordarlo, nei prossimi mesi quando saremo sempre più in balìa delle suggestioni e perderemo di vista il calore dell’estate…
Ricordate le parole del Presidente del Consiglio dei ministri quando disse che il suo governo concedeva di fare determinate cose? A meno di un mese delle elezioni amministrative e dal referendum che ha visto vincere il pressapochismo di un movimento che governa a colpi di “forse”, resto sempre più convinto che la malattia più pericolosa per l’Italia (e l’Occidente) sia la schizofrenia: una pericolosa e morbosa ansia che infetta ogni nostra parola e ogni nostra azione, una pericolosa e morbosa ansia di cercare costantemente un capro espiatorio e un nemico (siano “i negazionisti”, che “negazionisti” non sono perché non negano la Shoah) o l’uomo qualunque che vorrebbe semplicemente fare una domanda e avere una risposta. In definitiva, ripensando soprattutto a quel professore che ha schiaffeggiato a Teggiano (Salerno) uno studente perché non indossava la mascherina, mi sorge un dubbio: non è che il ragionamento e quindi il confronto, elementi essenziali di ogni democrazia, sono diventati elementi di cui avere paura? (Fondamentalmente perché ci siamo dimenticati cosa vuol dire guardare dentro noi stessi?)
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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