Mentre qua in Italia ci prepariamo a entrare nella cosiddetta “fase due” della gestione del coronavirus, essendo la curva dei contagi in discesa e la situazione sempre più sotto controllo, molte altre nazioni stanno entrando solo ora nel pieno dell’emergenza. In particolar modo i Paesi più poveri sono quelli che ne stanno risentendo di più a causa delle condizioni di povertà, scarsa igiene e in generale per l’insufficienza di mezzi con cui affrontare una pandemia del genere.

In questo articolo intendo parlarvi della situazione a Caboverde, il mio Paese di origine. CaboVerde è un arcipelago vulcanico di 10 isole al largo della costa nord-occidentale dell’Africa famoso per la musica tradizionale di nome Morna e per le spiagge cristalline. E’ stato una colonia portoghese fino al 1975, quando ottenne l’indipendenza e il riconoscimento di Stato autonomo. La popolazione attuale è costituita da diverse etnie, sia africane(come i Fula, i Balanta, i Mandingo ) sia europee (Italiani, Portoghesi, Spagnoli, Inglesi) che insieme formano una popolazione nota come creola di Capo Verde.

  Siamo un Paese che nel corso della sua storia ha subito gravi epidemie che vanno dalla siccità e fame del 1947 fino all’invasione delle locuste nel 1997, passando per un’epidemia di colera nel 1995. Nonostante le numerose difficoltà siamo sempre riusciti a rialzarci come comunità e popolo; adesso siamo nuovamente stati messi davanti ad una dura prova, un virus di cui si conosce poco e che in pochi mesi è riuscito a propagarsi in tutto il globo distruggendo innumerevoli vite.

Possiamo dire di essere tra quelli che sono stati raggiunti più tardi dal virus: il primo caso accertato è avvenuto verso metà marzo all’interno di un resort nell’isola di Boavista, quando un turista inglese improvvisamente si è sentito male ed in pochi giorni le sue condizioni sono peggiorate fino ad arrivare al decesso. Il governo si è mobilitato immediatamente mettendo in quarantena gli occupanti del resort, tuttavia questa misura si è dimostrata insufficiente visto che in pochi giorni sono apparsi focolai di coronavirus in tutta l’isola, solo a questo punto si è deciso di chiudere i collegamenti di Boavista con l’esterno. Misura drastica ma forse tardiva perché, dopo i primi giorni in cui la curva dei contagi sembrava sotto controllo, sono stati rilevati focolai di contagio anche sull’isola di Santiago, dove si trova la capitale (Praia è attualmente la città più colpita). Vedendo che il virus era riuscito a passare da un’isola all’altra portò alla decisione di chiudere le frontiere limitando il più possibile gli scambi con l’estero.

Attualmente sono 371 i contagiati in continuo aumento, di cui più della metà non presentano sintomi gravi mentre i restanti sono ricoverati in condizioni stabili, mentre i decessi confermati sono 3. Un aspetto positivo è che essendo marzo un mese poco movimentato dal punto di vista del turismo è stato più facile chiudere velocemente prima che la situazione diventasse completamente ingestibile, riuscendo a limitare il contagio a solamente due isole su dieci.

Se da un lato la chiusura dei confini sia interni che esteri ha consentito di contenere la diffusione del virus, dall’altro ha causato gravissimi problemi finanziari a un Paese che vive di turismo. Inoltre, la limitazione degli scambi con l’estero sta portando come conseguenza la scarsità della maggior parte dei generi alimentari, prodotti che noi che veniamo da una realtà come quella Europea abbiamo il privilegio di poter dare per scontati. Ultima conseguenza di questa pandemia è la difficoltà da parte del governo nel garantire l’istruzione a tutte le categorie di studenti, perchè se per noi bastano una connessione e un telefono per seguire una lezione o magari sentirci con un amico questo non è possibile per la maggioranza dei ragazzi caboverdiani, in quanto provengono da situazioni famigliari dure, segnate dalla povertà e dai pochi investimenti da parte del governo a favore dell’istruzione. La conseguenza è, già in tempi normali, l’abbandono degli studi da parte del 65% degli studenti non appena raggiunti i 16 anni; ora il fenomeno dell’abbandono scolastico non potrà che raggiungere dimensioni drammatiche.

Attualmente i pochi decessi stanno portando il governo a riaprire cautamente le connessioni tra alcune isole che non hanno rilevato la presenza del virus, sempre con le opportune precauzioni. Le barche da pesca iniziano gradualmente a riportare a riva quintali di pesce fresco mentre i contadini riprendono a preparare i campi in vista delle prossime semine, e le comunità di Caboverdiani sparse tra Europa e America sperano in una ripartenza il prima possibile per poter tornare a riabbracciare i propri cari.

Articolo di Eric Dias:

Nato a Roma il 23 settembre 1997 di origini Caboverdiane e attualmente studente presso la facoltà di economia alla sapienza.

“Non ho nulla a che fare con la politica. Io amo la pace. La politica ama la guerra. Io ho solo il desiderio di essere libera” ~Cesaria Evora

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