Comincio la stesura di questo articolo senza tradire la mia profonda tristezza: in meno di sei mesi, il mondo dell’arte e dello spettacolo ha visto morire giganti come Ennio Morricone, Sean Connery e Gigi Proietti, uomini che non ho mai conosciuto di persona (purtroppo), ma che con le loro opere hanno comunque lasciato un segno indelebile nella mia vita.
La loro scomparsa, non solo mi ricorda aspetti del rapporto tra la vita e la morte che non ha senso che approfondisca qui, ma mi ricorda soprattutto il dramma terribile e silenzioso che si consuma ogni volta che un vero artista muore senza lasciare eredi spirituali.
Non senza rassegnazione, mi ritrovo quindi costretto ad osservare ogni giorno di più quanto sia sempre più facile avere successo in un mondo che non ha bisogno di talento, un mondo spento e fiacco privo non solo di ispirazioni ma di storie e valori in cui credere.
Ogni volta che mi capita di guardare distrattamente la storia di un influencer, l’unica cosa che riesco a chiedermi è: “perché tu”? “.
Domanda non scontata (e per nulla distratta, attenzione), domanda razionale che si fonda su un assunto imprescindibile: un consiglio non può non essere guidato dall’esperienza.
Fino a prova contraria, quale talento hanno, in effetti, le persone di successo oggi? Cosa possono concretamente trasmettermi se a creatività e ispirazione sono a zero? (se va bene…)
In altre parole, se Gianni Versace fosse ancora vivo, ammetto che seguirei con interesse i suoi consigli fondamentalmente perché prima di essere stato un grande stilista, Gianni Versace è stato prima di ogni cosa un grande sarto.
Non ho nessuna vergogna nell’ammettere il mio rammarico guardando il declino inesorabile della società in cui vivo: una società di influencer dove la stessa classe politica, pur di essere convincente ha bisogno di persuadere i sudditi (pardon, i cittadini) attraverso le logiche della pubblicità e non del buon senso.
Siamo ad un passo dalla rivoluzione? Ad un passo dalla fine di ogni ragionevolezza semplicemente perché non esiste una classe dirigente in grado di dare una direzione alle cose?
Non posso saperlo. Non posso esserne certo.
Mi duole tuttavia non poco guardare alle mie spalle, ai ricordi di tutti coloro che invece hanno dato colore al mondo e fare mie, con amarezza, le parole che William Shakespeare mise in bocca ad Antonio nel “Giulio Cesare” il giorno dei funerali del grande condottiero:
“O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Cesare e debbo tacere sinché non ritorni a me.”
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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