In luce della nuova istituzione del Ministero per la transizione ecologica, il discorso sull’ambiente è tornato più prepotente che mai. Resta da vedere quanto questa transizione sarà informata da dati scientifici più o meno compromessi, o dal superficiale, dannoso interesse dell’opinione pubblica.

Abbandonato il periodo messianico che vedeva gli italiani struggersi per i problemi di pace, fame nel mondo e animali in via di estinzione, il nuovo obiettivo della sempiterna crociata dei giusti è salvare il pianeta. Pianeta Terra sempre antropomorfizzato come essere dolente, per il quale sacrificare tutto anche durante tempi di crisi che vedono gli italiani sofferenti come mai negli ultimi due decenni.

Non bisogna entrare nel merito della politicizzazione della scienza metereologica a riguardo, essendo un discorso correlato, ma al contempo disconnesso: Il cambiamento climatico è una realtà innegabile, che si è però dotata di un’armatura di dogmi impenetrabili ed Il dogma, per antonomasia, è il nemico della conoscenza. La più totale distruzione di qualunque personaggio che possa portare qualcosa di nuovo al tavolo della discussione ci sta già portando all’adozione di soluzioni che soluzioni assolutamente non sono.

Soluzioni come l’incredibile spinta verso le automobili elettriche, che effettivamente pulirebbero i centri cittadini, le batterie delle quali però, ormai controargomentazione cliché, non solo vengono alimentate, in Europa, da impianti al carbone, ma vengono fabbricate tramite uno dei processi più dannosi per l’ambiente mai ideati dall’uomo, dall’estrazione del litio alla raffinazione del prodotto finale.

Italia, paese del referendum più terribile per l’ecosistema

Ipocrisia sempre presente. Il nuovo Ministero per la transizione ecologica si trova ad amministrare un paese che non possiede l’attrezzo più potente al mondo per la transizione che si prefigge di attuare. Quante volte, al telegiornale, pezzi di “giornalismo” sull’inquinamento mostrano immagini di ciminiere di centrali elettronucleari, come se stessero immettendo quantità industriali di CO2 nell’atmosfera? Quanto pietoso devi essere come giornalista per non sapere che tutto quel fumo non è altro che vapore acqueo?

Eppure, grazie anche in parte alla propagazione di tale ignoranza da parte di media compiaciuti, nel 2011 ben 94% del 57% degli italiani aventi diritto al voto ha detto no al nucleare sul suolo italiano. Condannandoci ad importare energia sporca, aumentando le spese nazionali ed eliminando completamente la possibilità di esportare energia pulita e rinnovabile. Con quale ipocrisia allora, l’Italiano di oggi che ha votato SI al quel fatidico referendum, si fa ora baluardo dell’ecosistema?

Quesito promosso dall’Italia dei valori. Quali valori? ignoranza e paura di ciò che non si comprende? terrore di prendere una decisione che seppur non perfetta, è il miglior compromesso tra modernizzazione ed ecologia? Un punto dolente della storia contemporanea di questo nostro paese. Se le auto elettriche tanto lodate come salvatrici del mondo fossero alimentate da energia nucleare prodotta in Italia, con standard di sicurezza europei, allora metà del problema sarebbe risolto. Invece no, come dicono gli inglesi, l’Italiano “vuole la torta, e vuole pure mangiarsela tutta”. Nessun compromesso, anche al costo che la soluzione “perfetta” sia una soluzione finta, vuota di significato, e dannosa per la gente comune.

Con l’avvicinarsi della vera soluzione, la vera manna dal cielo, il deus ex machina riconoscibile nella fusione nucleare, la questione si presta a riaprirsi. Ebbene si, la fusione nucleare sarà la torta che si potrà anche mangiare. Ma il referendum del 2011 interferirà? Sarà l’arma del delitto che ci condannerà a rimanere poveri e ignoranti?

Transizione ecologica, transizione economica

Parlare di transizione ecologica vuol dire, purtroppo, grazie alla politica del non compromesso e del dogma ecofascista che non permette altre soluzioni, distruggere il potere manifatturiero che per qualche miracolo in Italia è ancora abbastanza sano.

Tassare ulteriormente le emissioni, per esempio, vuol dire tassare il progresso, porre ostacoli alla stessa ricchezza senza la quale il lavoratore medio non può preoccuparsi di stare attento all’inquinamento. Soprattutto qui nell’occidente, dove gli altissimi standard di sicurezza ed inquinamento hanno già abbattuto il nostro contributo alle emissioni globali, vuol dire togliere il lavoro al lavoratore medio, quando le attività saranno costrette a migrare altrove, verso i paesi che più, tra l’altro, sono responsabili di questo problema.

Quindi, è possibile che in un momento di tale crisi, dove la disoccupazione è alle stelle e gli italiani sotto la soglia di povertà non fanno altro che aumentare, ci sia il desiderio di deputare risorse verso qualcosa che peggiorerebbe queste due ultimi problemi? Sembra il contrario della sostenibilità tanto ostentata dagli ecologisti.

La follia del compiacimento nella corsa verso il giusto teorico rischia ancora una volta di diventare la lama che affonderà nell’occidente. Chiunque abbia dei dubbi sulla visione catastrofica per l’economia e la manifattura di una transizione ecologica superficiale, cambierà idea semplicemente leggendo il famoso Green New Deal, promulgato negli Stati Uniti. Il caso più estremo che potrebbe attenderci anche qui in Europa.

Comments to: Il green è di moda, i tranelli ancora di più

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