È ormai ben nota la dura situazione che la popolazione Afroamericana sta vivendo negli ultimi anni negli Stati Uniti, in particolar modo i continui soprusi e maltrattamenti da parte delle forze dell’ordine, che ha portato alla nascita del BLACK LIVES MATTER.

Un hastagh, un movimento, un urlo rivoluzionario; il Black Lives Matter nasce nel 2013 come risposta alla scarcerazione di George Zimmerman, inizialmente imputato per l’uccisione di un ragazzo afroamericano, Trayvon Martin, ed in seguito giudicato “non colpevole” portando la comunità a organizzare una campagna online contro i soprusi della polizia e i pregiudizi del sistema giudiziario nei confronti delle persone di colore.

In poco tempo l’hashtag ha fatto il giro del mondo raggiungendo milioni di persone, tanto che sono state organizzate proteste e dimostrazioni che hanno coinvolto persone di ogni appartenenza etnica. Tutte iniziative che stanno pian piano smuovendo l’opinione pubblica, specialmente dopo l’ultimo caso avvenuto a Minneapolis. Abbiamo visto tutti le immagini strazianti in cui George Floyd, un uomo di 46 anni, è morto soffocato da un agente di polizia che gli ha tenuto premuto un ginocchio sul collo per dieci minuti nonostante fosse ammanettato a terra e urlasse che non riusciva a respirare. Ma se ci riflettiamo più a fondo capiremo che questo è solo uno dei fatti più recenti in un lungo periodo di lotte per l’uguaglianza razziale negli Stati Uniti. Obiettivo finale comune e condiviso, che però è stato perseguito in modi piuttosto vari.

 Fin dall’abolizione della schiavitù avvenuta nel 1804 in tutto il nord America, si iniziarono ad intravedere i primi movimenti; che se da una parte concordavano sul fatto che la schiavitù violasse i principali diritti umani dall’altra non concordavano pienamente sul come dovesse finire. Esempi più famosi sono quelli di William Lloyd Garrison,  giornalista fondatore del New England AntiSlavery Society (uno delle prime correnti abolizioniste) a favore di una condotta più pacifica basata sul dibattito ed David Walker, attivista e scrittore che riteneva che gli afroamericani dovessero combattere per i propri diritti con qualsiasi mezzo, anche la violenza se necessaria.

Facendo un passo in avanti, ci ritroviamo durante l’era della segregazione razziale e di conseguenza alla nascita di nuovi movimenti sempre con l’ideologia comune dell’uguaglianza ma divisi sotto vari aspetti. In particolare sul modo in cui raggiungerla: in questo frangente troviamo una contrapposizione tra Martin Luther King e Malcolm X. Innanzitutto una differenza di prospettiva, perché se da una parte Martin Luther King credeva nelle istituzioni americane ritenendo che il razzismo fosse solo un male morale, all’opposto Malcolm X  non lo considerava una forma di ignoranza ma  una nuova forma di schiavitù .Questo di conseguenza portava Martin L. K. ad avere una visione più pacifica del modo di protestare per ottenere l’uguaglianza tra bianchi e neri, mentre Malcolm X era più propenso a non porsi limiti nel perseguire l’obiettivo finale e non escludeva l’uso della violenza.

Tornando ai giorni d’oggi ciò che distingue il Black Lives Matter da tutti i movimenti che si sono susseguiti fino ad ora è l’enorme comunità che ha creato; una comunità unita dall’idea di uguaglianza ma che questa volta troviamo unita anche sulla modalità da adottare per raggiungerla, senza la presenza di un unico leader ma formata da tante persone che occupano le strade e ognuno di loro usa la propria voce per combattere, consapevoli del fatto che solo continuando in questa direzione si arriverà ad una democrazia multirazziale e a una società veramente paritaria anche nella sostanza. Sono tre parole che al loro interno racchiudono anni di lotta, racchiudono un sentimento comune che possiamo esprimere liberamente e lo possiamo fare da qualsiasi parte del mondo. Perché se in passato far arrivare il proprio messaggio a quante più persone possibili era difficile e anzi era facilmente ostacolabile, adesso con la diffusione dei social media siamo nelle condizioni di poter partecipare ovunque noi siamo, ed è un nostro dovere farlo.

Questa non deve essere solo una battaglia dei cittadini afroamericani degli Stati uniti, ma di tutta la società civile ovunque nel mondo, perché nel 2020 “essere neri non dovrebbe essere una condanna a morte”.  Quanto successo con George Floyd, e come lui molti altri,  deve risvegliarci e ricordarci che il razzismo è ancora ben presente, certe volte in maniera eclatante come in questo caso, altre in modo più sottile, per questo è compito di ognuno vigilare e combatterlo.

Vi segnalo la petizione online in cui si chiede semplicemente che i responsabili dell’omicidio di George Floyd, ancora a piede libero, siano assicurati alla giustizia.

https://www.change.org/p/mayor-jacob-frey-justice-for-george-floyd?utm_content=cl_sharecopy_22414602_en-US%3Av4&recruited_by_id=86ed61a0-a124-11ea-9c8e-d1a06e4e2752&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=psf_combo_share_initial

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