Sono davvero tante le cose che il diabete (nel mio caso diabete mellito di tipo uno, chiamato anche diabete giovanile) ti ricorda durante il giorno: “stai attento all’alimentazione”; “nonnò ma non potresti mangiare un piatto in più? no, nonna, non ho fatto l’insulina per quello, eh ma allora i bambini in africa che muoiono di fame, eh ma nonna io muoio di coma diabetico così, altro che fame”; “l’esercizio fisico è importante”. Ecco, ora siamo entrati nella fase due e mi sento libero di fare polemica perché non posso andare a bere la birra con gli amici e tagliarmi i capelli di fare esercizio fisico all’aperto. Dovete sapere che sebbene io non sia un runner, potreste avere un altro motivo per darmi epiteti fantastici sul web e con i vostri familiari: mi piace andare in bicicletta. E’ uno sport con il quale riesco a tenere sotto controllo la glicemia (il livello di zuccheri nel sangue). Inoltre, con il COVID-19 nelle strade, questo sport evita che tu abbia contatti diretti con le altre persone, e in generale con le cose: portandoti dietro uno zainetto con tutte le tue riserve di acqua, sali minerali, cibo, puoi ad esempio evitare di toccare le fontanelle e rischiare un revival in salsa pantani di ciò che racconta Manzoni nella sua “Storia della Colonna Infame”. E così, il nove di maggio ho deciso di farmi un giro in bici per il quartiere dove risiedo. Mascherina in volto, guanti nello zaino, e via di rapporto 1-1. Dopo due mesi nel quale l’esercizio fisico più virtuoso che ho sostenuto è stato riportare in casa la spesa fatta da mia madre, finalmente ho potuto faticare un po’ e sentire quel fantastico sudore appicicaticcio sulla fronte. Salite, discese, pochi ma sani rettilinei: il mio quartiere è un’accozzaglia di colline, bandiere italiane, cartelloni con su scritto #andràtuttobene, #faseduefaseamante, e altre fantastiche cose. Ho visto cose assurde: quella bella ragazza che non conosco ma vedo sempre per strada che con la mascherina mi aveva fatto emozionare come una donna islamica col velo, adulti con mascherina e guanti ma senza mutande, anziani che ascoltavano il requiem di mozart in salotto mentre il nipote stava limonando con la sua morosa, persone sane che con tutte le precauzioni e il rispetto passeggiavano da soli, in compagnia, con gli animali, con il passeggino. Mi rendo conto che tutto questo potrebbe essere stato frutto della mia immaginazione: andare in bicicletta con la mascherina non è il massimo: ogni fiatata che emetti ti fa sentire un vulcano in miniatura che emette gas tossici che poi fa rientrare nella sua cavità. Alle volte sentivo come di stare per svenire, e non posso giurarvi che quanto vi ho descritto fosse del tutto vero. Ad ogni modo sono riuscito a tornare a casa con le gambe impegnate, la fronte sudata, la consapevolezza che non potrò fare attività sportiva con la mascherina durante la stagione, la mia condizione fisica migliorata e una glicemia perfetta. Rientrato a casa, ho posto tre domande a me stesso:

1)Come posso fare attività fisica senza mascherina e salvaguardare al meglio gli altri e me stesso senza sentirmi un untore?;

2)Quante volte ho scritto mascherina in queste poche righe di testo?;

3)Sapevate che anticamente il diabete veniva diagnosticando assaggiando e degustando l’urina dei pazienti?

Comments to: In bicicletta il nove di maggio

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