Pochi giorni fa, ispirato dalla volontà di comprendere quale fosse l’origine del pressapochismo che comanda chi ha costantemente bisogno di cercare un colpevole contro il quale puntare il dito, ho scritto di getto il seguente appunto:

” Nel 1348, l’Europa fu sconvolta da una violenta epidemia: la peste nera. Iniziò a circolare ben presto la notizia che il contagio fosse opera degli ebrei che avvelenavano pozzi e fontane.

Per quanto irrazionale, l’odio nei confronti di chi appariva diverso iniziò a contagiare gli abitanti delle principali città europee che diedero inizio a violenti massacri. A Strasburgo, ad esempio, gli ebrei furono spogliati dei propri beni e ammassati in un edificio di legno a cui venne dato fuoco. Furono risparmiati solo i bambini e le donne più attraenti. Altre stragi ebbero luogo a Zurigo, Basilea, Tolone, Francoforte e Bruxelles…

In alcuni casi, gli ebrei confessarono di aver avvelenato i pozzi e le fontane dopo aver subito atroci torture e confermarono loro malgrado le paure di chi ancora prima della peste aveva subito le conseguenze dell’odio.

Papa Clemente VI dichiarò che gli ebrei non potevano essere colpevoli perché vittime loro stessi della malattia; tuttavia, le sue parole non furono ascoltate e le atrocità contro le comunità ebraiche proseguirono fino alla fine dell’epidemia…

Tuttavia, le persecuzioni contro gli ebrei sono continuate fino alla Seconda guerra mondiale: come nel 1348, anche negli anni ’30 e ’40 del ventesimo secolo gli ebrei furono accusati ingiustamente di essere responsabili di qualcosa…

La più consistente minaccia al progresso dell’umanità non è il Covid-19 ma la necessità di trovare costantemente un capro espiatorio contro il quale proiettare le proprie paure.

Ieri erano gli ebrei, oggi sono i funzionari che lavorano a Bruxelles, le antenne 5G, i runner, i ciclisti, le giornaliste che sembra non cambino il loro maglione…

Invidia, frustrazione e isterismo sono i sintomi della peggiore epidemia che l’Occidente non è ancora riuscito a debellare: il vittimismo.

Esso si manifesta nelle forme appena descritte e spinge chi ne è vittima a cercare perennemente una scusa con la quale criticare il prossimo…

A nulla vale l’appello alla ragione: essa appartiene ai tecnici, dicono…

“Fascisti”, rispondo e non me ne vergogno: preferisco richiamarmi infatti ai prinicìpi ispiratori di una civiltà fondata sulla ragione che al chiacchiericcio irrazionale, e quindi fascista, appunto, di chi deve nascondere le proprie mancanze nella caccia ad un colpevole.”

Nemmeno ventiquattro ore dopo aver scritto un’accusa contro tutti coloro che hanno la morbosa necessità di cercare qualcuno o qualcosa contro cui sfogarsi per non ammettere i propri fallimenti, ho saputo della liberazione di Silvia Romano, una cooperante italiana rapita un anno e mezzo fa circa fra Kenya e Somalia.

Questo articolo non è dedicato a Silvia Romano e non ho quindi intenzione di approfondire ora i dettagli della vicenda, tuttavia è importante osservare come la notizia della liberazione sia stata accolta anche con disprezzo e odio da numerose persone.

Sarò franco: si può scrivere “aiutiamoli a casa loro” e poi di fronte a chi era andata ad “aiutarli a casa loro” sputare odio e nuove conclusioni approssimative tipo “poteva aiutare i poveri italiani”?

Ripeto e concludo: questo articolo non è dedicato alla vicenda Romano ma alle evidenti contraddizioni in cui annaspa una civiltà che ha costantemente, appunto, bisogno di sfogare le proprie frustrazioni contro una parte debole o diversa.

Silvia Romano è quindi solo l’ennesima vittima sacrificale da dare in pasto a coloro che disprezzano la propria vita ma non sono capaci di fare un passo avanti per cambiare loro stessi o la realtà che giudicano con sufficienza e poco spirito critico.

La ricerca di un capro espiatorio è quindi una necessità, una necessità di chi è debole (non di chi è fragile). La ricerca di un capro espiatorio è una caccia costante e avviene nelle famiglie, nelle aziende e purtroppo anche nella vita pubblica…

Ma quante energie si sprecano nell’attenzione morbosa verso una vittima?

Non si è liberi e non si è parte di un nuovo processo di riforma e di crescita fino a quando si continuerà a giustificare l’odio e il bisogno di cercare un responsabile: ogni momento speso nella ricerca di un male esterno è spesso infatti un momento sprecato, un momento che si sarebbe potuto tranquillamente impiegare in un’analisi critica verso la persona che si scruta guardandosi allo specchio…

Comments to: Il capro espiatorio: storia di una necessità.

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