E’ un caso che i principali malumori circa le scelte di Mario Draghi riguardino le figure politiche da lui indicate come ministri o sottosegretari? Naturalmente no. Capiamo perché.
Nelle ore cruciali in cui Mario Draghi ha incontrato i vertici dei principali partiti politici italiani si è parlato spesso, e a sproposito, di morte della politica.
Scrivo “a sproposito” non tanto perché sia stato sbagliato parlarne, ma perché generalmente il tema è stato trattato ovunque con una superficialità imbarazzante.
Non appena il Presidente del Consiglio incaricato ha infatti sciolto la riserva, e annunciato quindi i suoi ministri, il tema è stato abbandonato come una scarpa vecchia e si è dato inizio ad un incessante bombardamento sui social di lamentele circa i nomi designati dall’ex governatore della BCE.
Non a caso, però, i primi mal di pancia che si sono constatati hanno avuto come causa alcuni nomi politici. Il perché è presto spiegato: la politica è veramente morta.
Si badi bene: essa non è morta perché Sergio Mattarella ha indicato Mario Draghi come Presidente del Consiglio, essa è morta perché soffriva di numerosi mali pregressi.
Il tema che molti giornalisti e intellettuali non hanno più affrontato infatti dopo il giuramento del nuovo esecutivo, riguarda lo stato di salute di un mondo che fa parlare male di sé non appena entra in scena (o tenta di farlo).
La verità è che la politica in Italia non solo ha perso di vista il significato della parola “merito” ma ha perso di vista anche il significato della parola “creatività”. I partiti e le figure politiche che ne danno corpo e voce non creano appunto contenuti e idee da tantissimo tempo ed essere bravi amministratori non è più sufficiente, (soprattutto quando, in realtà, non si è neppure tanto bravi come amministratori”)…
Da troppo tempo, si è perso il senso della responsabilità innovatrice della politica che girando quindi su sé stessa e intorno all’asse di chiacchiere di identità ormai vuote, ha dimenticato cosa significa fare progetti.
Che senso hanno, ad esempio, i ragionamenti intorno all’identità del Movimento 5 stelle quando questo non ha mai saputo, prima di ogni cosa, essere un reale portatore di sana innovazione?
Mario Draghi saprà essere un esempio di concretezza?
E’ presto per dirlo.
Resta il fatto che politica e PA non funzionali non possono cambiare pelle con uno schiocco di dita; ogni critica al presente è quindi in realtà una critica ad un passato di non scelte che pesa come un macigno.
Dopotutto, come già ripetuto in altre occasioni, sono i “nonostante” il vero nodo: nonostante la storia, nonostante l’esperienza e le possibilità dei nostri tempi, siamo ancora una civiltà povera di meritocrazia e creatività.
P. S. Tutto quello che ho scritto circa le delusioni scatenate dalla scelta di alcuni ministri, sono valutazioni valide anche per la scelta di alcuni sottosegretari.
È opportuno a questo punto però che insista su un punto: ogni critica alla politica è anche un’autocritica (o almeno dovrebbe esserlo) perché è solo a causa della nostra ignavia collettiva (anzi, dell’ignavia collettiva di alcune maggioranze) che non è stato possibile investire in una classe dirigente alternativa.
Riassumendo: la politica è morta con Mario Draghi? In un certo senso si, ma per rispetto alla verità (e alla divergenza) è più preciso riconoscere in Mario Draghi la figura di chi ha semplicemente scoperto un sepolcro imbiancato come tanti.
Classe 1994, lettore vorace dall’età di sei anni e autore dei romanzi “L’alba di sangue” e “Il regno di Romolo”.
Di me hanno detto che sono un “egocentrico” ma non ho ancora capito perché.
Credo di avere tuttavia molto in comune con i liberali di una volta e di essere un insaziabile ricercatore di novità.
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