Per conoscere i nostri diritti, per sapere se potremo esercitare le libertà personali, rivedere i nostri cari o semplicemente uscire a passeggiare, occorre aspettare la diretta del nostro Premier Conte. Minuti d’attesa innanzi al televisore hanno unito una nazione, più dei mondiali, senza distinzioni tra cittadini senatori o onorevoli. Vediamo di analizzare come tale fenomeno ha impattato e impatta sulla nostra vita
“Ineluttabilmente le vostre leggi finiscono per sostituirsi alla morale, alla coscienza, perfino alla religione […] Il Governo è un organismo culturale particolarmente incline ai dubbi, agli equivoci, alle esitazioni. Vedo arrivare il giorno in cui il protocollo sostituirà la fede e il simbolismo la morale” Lady Jessica, dal libro Il messia di dune, di Frank Herbert.
Un nuovo rituale accompagna le nostre vite. Non ci sono distinzioni nè di religione, nè di ceto nè di casta. Chiunque voglia conoscere i propri diritti sarà davanti al televisore. Il prossimo DPCM (atto amministrativo, monocratico, svincolato dal controllo di costituzionalità e dal vaglio parlamentare) è atteso per il 3 dicembre. Conosceremo finalmente come potremo passare il Natale, la Vigilia, il Capodanno, quali affetti potremo riabbracciare, dove poter andare e dove no. Un rituale del genere si è spesso ripetuto nella storia dell’umanità, fin dall’antica Grecia dove ci si recava all’oracolo di Delphi per conoscere il proprio destino, così noi ci recheremo innanzi allo schermo, attenderemo quanto ci sarà da attendere fino a vedervi comparire il nostro Premier. NO, per conoscere i propri diritti non serve più leggere la costituzione o studiare la giurisprudenza, oggi occorre sentire parlare Conte, che per gli italiani è a tutti gli effetti, il Verbo, l’Entità sostitutiva della legge che disciplina le libertà personali, una bocuhe de la loi più efficente di quanto Napolene potesse mai immaginare.
Questo rituale, che avviene in ogni casa, che è entrato in ogni focolare domestico, e che è accolto con rassegnata passività da un popolo stremato dalla paura, continua a ripetersi, ciclico e ipnotico, scandendo le nostre vite, segnandole sempre più nel privato, nell’intimo. E pensare che nei giorni più duri della prima ondata i privati cittadini e i parlamentari apprendevano insieme lo stato dei propri diritti, osservando la medesima diretta nel medesimo istante, tutti ugualmente impotenti e tutti ugualmente spettatori della nostra democrazia, non più attori.
Le dirette ovviamente iniziano sempre con i complimenti al popolo, e indirettamente al suo governo, con un plauso di ammirazione e attestazioni varie, a volte anche mondiali, di stima e primati. Poi possono evolversi in vari modi. Possono esserci dure proibizioni, ma anche miracolose concessioni, come quando il Premier disse “noi concediamo” per ben undici volte, riferendosi a diritti fondamentali della vita associata, forse dimenticando che la Carta Costituzionale Riconosce e che il governo Rispetta, detti diritti. Nessuno più Concede o dovrebbe concedere. I tempi delle concessioni da parte dei signori dovrebbero essere terminati dalla caduta dell’Ancien Regime con la Rivoluzione francese. Si è poi festeggiato quando in autunno il premier prima di annunciare il DPCM alla nazione ha esposto sommariamente il suo contenuto in Parlamento come se fosse un’introduzione nuova, da accogliere con soddisfazione.
Per l’ennesima volta sta per ripetersi questa farsa, che da prassi antidemocratica si sta trasformando in una vera e propria liturgia, con un sommo sacerdote, un’attenta scenografia, e con fedeli in ascolto, divisi tra la speranza e il timore reverenziale. Ma ciò che viene celebrato su quest’altare non è il sacrificio di Cristo, ma il sacrificio delle nostre libertà.
Quanto durerà ancora? Quanto ancora si ripeterà questo copione?
E’ forse questo il modo in cui pensiamo che in democrazia i cittadini debbano conoscere i propri diritti e doveri? Certo, si potrebbe rispondere che tempi eccezionali come quelli della pandemia richiedono misure eccezionali. Ma ora che sono esattamente 10 mesi di stato d’emergenza chi è ancora in grado distinguere la regola dall’eccezione? Chi può distinguere la normalità dalla “nuova normalità”? Una sola cosa è chiaramente distinguibile da tutti. Pre conoscere i nostri diritti non serve più leggere la costituzione ma sentir parlare un uomo: Giuseppe Conte. L’unica consolazione ce la fornisce il latino Marco Tullio Cicerone che ebbe modo di affermare, dopo aver assistito ad episodi sconsolanti nel Senato romano: “E’ meglio subire un’ingiustizia piuttosto che compierla“.
Per rimanere in tema vi salutiamo con un’altra frase del celebre avvocato, augurandoci di ritrovarci alla prossima riflessione divergente: “Il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d’esser superiore alle leggi“.
Antonio Albergo
Classe ’94, diplomato al liceo classico di Pescara Gabriele D’Annunzio, Laureato in Giurisprudenza alla Luiss di Roma e ora praticante notaio. Appassionato di cinema e viaggi, si divide tra la gestione di PensieroDivergente e lo studio notarile.
No Comments
Leave a comment Cancel