All’inizio del libro “Lo Hobbit” di JRR Tokien, Bilbo Baggins, mentre fuma la sua pipa contemplando la bellezza della Contea, saluta con un buongiorno il passante Gandalf. Al che, l’anziano viaggiatore risponde:

Che cosa vuol dire? Mi auguri un buon giorno o vuoi dire che è un bel giorno che mi piaccia o no? O forse vuoi dire che ti senti buono in questo particolare giorno? O affermi semplicemente che questo è un giorno in cui occorre essere buoni?“.

A questa risposta, il confuso Bilbo non può che borbottare “Tutt’ e quattro le cose insieme penso…..” Ritengo interessante iniziare la riflessione di oggi con questa citazione. Non solo perchè da appassionato lettore di Tolkien trovo sempre straordinario reimmergermi nei dialoghi e negli scenari dipinti dall’autore, ma soprattutto perchè è un passaggio che nella sua estrema semplicità tocca alcune tematiche particolari: quanti sensi si nascondono dietro quanto diciamo? E il senso che vogliamo veicolare noi è lo stesso che arriva all’ascoltatore? Si può astrarre una frase dal suo contesto per giudicarne il senso?

Il 13 marzo 2020 il Primo Ministro inglese Boris Johnson parlando alla Nazione fece forti dichiarazioni relative alla decisione di non mettere in lockdown il Paese. Il Primo Ministro decise di non rinunciare alla normalità e di non generare una nuova crisi economica. E il mondo insorse. Fu ampiamente criticato sia dai suoi avversari politici sia dalla stampa, non solo nazionale ma soprattutto estera. La stampa italiana fu una delle più dure accusatrici della “strategia di Boris Johnson” e quando egli stesso prese il coronavirus, che lo costrinse anche in terapia intensiva, non mancarono commenti sarcastici nel migliore dei casi se non addirittura maligni. Ma vediamolo integralmente questo discorso, tanto ripetuto, citato e criticato da tutto il mondo. Dopo prime settimane di incertezza e sottovalutazione del problema Covid tra fine febbraio e inizio marzo (uguali a quanto avvenuto in Italia, USA, e Cina, giusto per citarne alcuni) il 13 marzo il Primo Ministro inglese disse in conferenza stampa:

Abbiamo fatto il possibile per contenere questa malattia e questo ci ha fatto guadagnare un po’ di tempo. Ma ora è una pandemia mondiale e il numero dei casi reali aumenterà significativamente e probabilmente è già molto più alto di quanto confermato dai test. Voglio essere chiaro, questa è la peggiore crisi sanitaria di una generazione. Alcuni la paragonano ad un’influenza stagionale ma non è corretto. Per via della mancanza di immunità questa malattia è più grave e continuerà a propagarsi. Devo essere onesto con il popolo britannico: molte famiglie perderanno i loro cari prima del tempo.

Tali dichiarazioni fecero arrabbiare principalmente per due motivi: per quanto aveva detto (l’invito a tener duro davanti alla morte dei cari) e per quanto non aveva detto (il mancato annuncio del lockdown). La strategia britannica in quella fase fu quindi di rinunciare a misure draconiane e cercare un’immunità di gregge, che consentisse uno stabilizzarsi dei decessi e delle terapie intensive nel medio periodo, in mancanza di un vaccino. Semplicemente, per il leader inglese la scelta amletica che tutti i governi si sono trovati ad affrontare aveva un esito scontato. Le alternative erano: chiudere tutto e distruggere il paese a livello economico-sociale (cancellando lo stesso significato della parola “società“) ma tutelare la salute; oppure far trionfare la normalità, ed affrontare questo virus (che Johnson stesso riconosce quale nemico mortale e temibile) senza rinunciare alla civiltà, alla società, all’economia, alle libertà. Da persona cresciuta ed educata in un Occidente maturo e libero, Johnson non ha avuto alcun dubbio su quale dovesse essere la risposta coraggiosa di una normale nazione europea. Coraggiosa ma non stupida. Johnson infatti non ha detto al popolo inglese di sottovalutare il virus, o di non essere prudenti o di non essere accorti. Ha schiettamente informato la nazione del pericolo mortale che gravava su di essa senza per questo cedere alla capitolazione delle libertà e della società. E per questo è stato chiamato “stragista”, “folle” e “pazzo“. In seguito Johnson per via delle pressioni di opposizione e stampa ha introdotto un regime di distanziamento e chiuso delle attività economiche, ma si trattò di uno dei lockdown più leggeri che sia stato introdotto in tutto il mondo.

Alla luce di tutto ciò e avviandoci a conclusione, vorrei condividere due riflessioni con voi.

Primo : Boris Johnson è stato l’unico ad adottare questa strategia per cui è stato messo alla gogna? Se si analizzano nel merito la durata e il contenuto dei soli lockdown europei si direbbe di no. Sostanzialmente tutto il Nord europa ha evitato la soppressione della libertà di circolazione (sulla Germania e sul Belgio abbiamo redatto due approfondimenti specifici che invito a recuperare; ma potremmo citare anche la Svezia). Se spostiamo l’attenzione al mondo intero la cosa è ancora più evidente. La differenza sta in un punto: in molti non hanno applicato il lockdown italo-cinese, ma Johnson oltre a non applicarlo ha apertamente dichiarato di non volerlo applicare. Si è quindi assunto la responsabilità morale e politica di non voler chiudere e poi di chiudere il meno possibile. E lo ha fatto senza retorica, preparando la nazione ai tempi duri che sarebbero venuti, da vero leader, termine di cui in Europa si è perso il sapore. E non solo: ha anche pagato in prima persona questa sua decisione: rimasto contagiato ha affrontato il coronavirus anche in terapia intensiva. Questa circostanza non può certamente essere considerata un suo merito, ma ha dimostrato che era pronto ad affrontare personalmente le conseguenze di quanto aveva deciso.

Secondo : La sua strategia iniziale era veramente “folle” e “omicida”? In quel periodo, ossia i primi di marzo, i paesi apripista nel contrastare il virus erano la Cina e purtroppo l’Italia, (in misura minore anche la Corea del Sud, modello fin troppo poco approfondito): quindi i modelli per capire come affrontare la pandemia erano sostanzialmente questi due. Entrambi, la Cina prima e l’Italia poi, avevano applicato un lockdown durissimo, da regime, secondo cui non solo si dovevano chiudere le strutture pubbliche ed evitare ogni tipo di riunioni, ma addirittura si doveva vietare di uscire di casa senza una valida motivazione. Oggi il contagio è sceso (è scesa anche la paura paralizzante di prima) e sono saliti i modelli alternativi a quanto sopra descritto.

Oggi I punti focali di tutte le “fasi tre” del mondo sono: prudenza, non sottovalutazione del problema e ripresa della normalità. I rischi rimangono, visto che il vaccino non c’è, ma si ricomincia, anche con la speranza che vi sia una prossima immunità diffusa. Cioè sostanzialmente e puntualmente quanto detto da Johnson nel celeberrimo discorso. Ma allora qual è stato il suo problema? Averlo detto troppo presto? Essere stato troppo diretto? Essere stato indelicato? Non essersi allienato con il fronte dittatoriale ed essere stato il primo a dirlo apertamente?

Gli inglesi sono un popolo particolare. Con tale articolo non si vuole fare un elogio generico dell’Inghilterra. Non dimentichiamo che il loro impero è stato uno dei domini più sanguinari e crudeli al mondo (vedasi la Scozia e William Wallace, l’India e Gandhi, l’Irlanda del Nord e Bobby Sands…..l’elenco potrebbe essere interminabile). Anche oggi il popolo inglese con la Brexit dimostra di non guardare in faccia nessuno al di là dei propri interessi, confermando di essere “il figlio viziato d’Europa” come è stato più volte definito. Allo stesso modo non si vuole elogiare Boris Johnson come politico in generale alla luce di tutta la sua carriera, ma alla sola luce del suo approccio al Covid-19. Fatta questa precisazione occorre tributare qualche onore all’Inghilterra. Gli inglesi sono un popolo che non si piega. Non si sono piegati alla nuova filosofia “sovrastatale” europea. Non si piegarono a Napoleone. Non si sono piegati al nazismo. Concludiamo pertanto come abbiamo aperto, con una citazione, non più di Tolkien stavolta, ma di un suo contemporaneo. Tra il 29 e il 30 settembre 1938 vi fu la cosiddetta “Seconda Conferenza di Monaco”, dove il primo ministro inglese Chamberlain, per paura della Germania nazista, unico modello forte incontrastato dell’Europa dell’epoca, firmò con Hitler un accordo con cui s’impegnava a non intervenire contro essa in nome della pace. Più tardi Churchill in merito a tale accordo disse:

Potevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore. E avranno la guerra.”

La Storia ci insegna come finì quella vicenda. E gli inglesi anche allora furono gli unici difensori delle libertà in un’Europa che le aveva perse. Non è che forse oggi la storia si sia ripetuta?

Antonio Albergo

Comments to: Apologia di un Leader.

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