La guerra è la notizia di questo momento. Ma non tutti i nostri problemi vengono da Est. Il nostro stato vive ancora formalmente e sostanzialmente un regime d’eccezione a causa della pandemia e a farne le spese sono alcune categorie di cittadini.

La nostra attenzione è rivolta ad EST. Ogni mattina ci alziamo per carpire le ultimissime news e comprendere a che grado si è portato il conflitto. Sappiamo che può degenerare come sgonfiarsi, e ognuno di noi sfrutta i momenti morti della giornata non più per andare su instagram o spotify ma per reperire quell’aggiornamento in più.

Tutto ciò è comprensibile, anzi doveroso a mio giudizio. Non agire in questo modo significherebbe disinteressarsi della Storia, ossia di se stessi, dal momento che noi ci sviluppiamo nella Storia, ne siamo un elemento essenziale seppur infinitesimale. Ogni nostra idea, visione e sentimento contribuisce a formarla.

Ma non vorrei che questa eccessiva, anche se giusta attenzione rivolta ad Est, ci distragga da quanto accade nel nostro cortile di casa. Infatti dopo più di due anni viviamo ancora in uno stato di emergenza pandemica. Con ciò non voglio ricordare a tutti di mantenere le distanze o di indossare correttamente le mascherine, ma ragionare su quanto sta ancora accadendo a livello normativo. Conviviamo infatti con una minoranza di persone definite genericamente NoVax, nella quale sono compresi anche i vaccinati con una o due dosi, che per motivi personali hanno deciso di non sottoporsi alla terza dose. Per non parlare della enorme categoria dei guariti dal covid che hanno poi deciso di non vaccinarsi.

Tutte queste persone sono attualmente senza Green Pass o con Green Pass scaduto, convergendo così nel mistico calderone dei NoVax.

A tal proposito, in questo momento anche il mio Super green pass è in scadenza. Restano infatti solo pochi giorni di validità.

E ho deciso di non rinnovarlo. La decisione è stata estremamente sofferta in quanto la stessa implica una sostanziale esclusione dalla società, come è ben noto. Il Final Countdown della mia vita sociale è ormai partito e volge al termine. Tra qualche giorno non potrò più, in modo assoluto e senza eccezioni:

  • entrare in cinema, teatri, musei e biblioteche;
  • prendere mezzi pubblici cittadini come bus, metro o tram
  • prendere mezzi di trasporto intercittadini o interregionali, come pullman o treni
  • entrare in bar, ristoranti, pub e simili ove si svolge la vita sociale

Con l’ausilio di un tampone (rectius: euro 15 cadauno da rinnovare ogni 48 ore) potrò:

  • andare dal barbiere o dal parrucchiere
  • entrare in poste, banche, librerie e negozi di vario tipo
  • lavorare

Ciò che potrò fare liberamente, oltre al ricevere cure mediche di base, si riduce sostanzialmente a tre cose che, a Dio piacendo, mi dovrebbero bastare per mantenere la sanità mentale

  • fare la spesa
  • andare in Chiesa
  • camminare in spazi aperti (o guidare in caso possedessi un mezzo di trasporto)

Tanto è la vita di un uomo che persiste nella scelta che mi accingo a compiere. Perchè mi dedico a questi elenchi che i nostri lettori sicuramente conoscono meglio di me? Per impietosire forse? Per attrarre attenzioni?

No, se mi sono lanciato in questa disamina è per ricordare in che condizioni stanno vivendo da mesi, e continuano a vivere sine die milioni di cittadini italiani in questo momento. Non parliamo di cittadini condannati da un giudice per aver commesso dei reati. Non parliamo nemmeno di soggetti che hanno commesso illeciti civili o amministrativi. Parliamo di cittadini condannati a vivere come sopra in quanto hanno rifiutato una libera scelta che il governo offriva loro. Anche per gli Over 50 non si tratta di reato. Pur volendo ammettere che il loro comportamento integri un illecito, trattasi di illecito la cui violazione comporta una pena pecuniaria (di euro 100), nulla a che vedere con la vita reclusa alla quale sono effettivamente confinati.

Ciò che mi preoccupa è la normalizzazione di questo ghetto senza mura. Come popolazione abbiamo accettato che una categoria di persone, che ha scelto di non allinearsi, vada marginalizzata. Esclusa. Che viva senza la dignità di una vita associata.

Questo processo di normalizzazione, di standardizzazione, mi preoccupa ancor più del fatto in sè. E’ questa assuefazione che fa dichiarare ai nostri governanti che il green pass dovrebbe durare anche oltre la fine imminente dello stato di emergenza.

Personalmente osservo tutto ciò con vivo orrore. Sinceramente trovo disumano (come ho già avuto modo di dire qui) confinare alcuni soggetti per le loro scelte.

Non mi interessa entrare in tecnicismi per provare a dimostrare che il green pass a livello di politica sanitaria sia inefficace.

Allo stesso modo in cui sinceramente trovo sterile provare a dimostrare per l’ennesima volta in termini giuridici l’incostituzionalità di questo strumento.

Non mi interessa una discussione tecnica, se ne sono fatte già anche troppe. Mi interessa la società che stiamo diventando. Che siamo già diventati.

La società in cui io credo, per cui voglio lavorare, vivere e morire, non ghettizza una parte dei propri cittadini per la salvezza degli altri.

Probabilmente a breve questo strumento sarà eliminato e questa discussione oggi serve a poco.

Ma io non mi sento rispecchiato da una società che elimina il green pass solo perchè non ce n’è più bisogno. Io vorrei una società che lo ripudi quale strumento atto a discriminare e lesivo della dignità umana; anche qualora ce ne fosse astrattamente bisogno.

Questa situazione va avanti dal 6 agosto 2021, ed è cresciuta d’intensità col passare di ogni giorno. Da green pass siamo passati a super green pass, da tavoli al chiuso siamo passati ad ogni locale pubblico. Dal 6 agosto cerco in ogni discorso, ogni volta che ne ho l’opportunità, di battermi contro quella che ritengo essere la nuova svastica: un QR che ci consente l’accesso ai nostri diritti fondamentali. Tutto inutile. Ogni giorno il dibattito si polarizza di più e l’odio verso i non vaccinati aumenta. E come accade in ogni ghettizzazione si genera violenza in ambo i lati, creando una spirale di cui non intravedo la fine.

L’unica cosa che mi resta è schierarmi effettivamente dalla parte degli ultimi, passare dalla parte di coloro che il green pass non ce l’hanno e vivere quanto resta di questo periodo in questa condizione. E sento anche che è troppo tardi, avrei dovuto farlo prima.

Per questo scrivo questo articolo, non per impietosire, non per polarizzare ancora di più ma per ricordare che abbiamo sempre davanti una scelta, anche se dura, come in questo momento storico. Siamo davanti ad una gravissima discriminazione, che la Storia non potrà non ricordare per quella che è realmente e a cui seguirà un giudizio indelebile nel corso dei prossimi secoli. Ognuno di noi può ancora scegliere da che parte stare.

Davanti ad un ricatto rimane libero chi lo rifiuta. Esibire un green pass ogni volta che mi veniva chiesto fino ad ora mi faceva sentire vile. Ora a testa alta, da uomo libero, potrò dire: “Non ce l’ho”.

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