Sono seduto alla scrivania mentre leggo le ultime notizie. Lontani in sottofondo sento di nuovo i rumori della strada. Oggi sono più familiari, perché i negozi hanno riaperto e qualcuno passeggia per la via. In lontananza il rombo di un’automobile. Aprire o non aprire, spostamenti sì, no, forse, questo è l’ambito del dibattito. Molte opinioni differenti, così come innumerevoli le strategie adottate da ogni Stato e organismo governativo. Anche gli esperti del settore sanitario, interpellati sovente in questo periodo, sono divisi. Dando una rapida occhiata alle riviste scientifiche del campo infatti mi imbatto in titoli che recitano “…the Law and Limits of Quarantine o ancora “Using public health Law to contain the spread of pandemic…”.
Come tutelare la libertà dei cittadini con le imperanti esigenze di salute pubblica? La verità è che forse nessuno può fornirci una risposta certa.
La Sanità Pubblica è una branca della medicina in cui convergono tutti gli sforzi che una società mette in atto per sviluppare politiche rivolte alla prevenzione delle malattie e, in maniera più ampia, alla promozione della salute. Con la sua ricerca tenta di garantire equità sociale all’interno di uno sviluppo socioeconomico sostenibile. Questa disciplina, fin dalla sua fondazione, studia interventi rivolti a migliorare la salute dei più, investendo energie in diversi ambiti che riguardano l’uomo. A tal proposito rivolge l’attenzione a gruppi numerosi di individui, a volte coincidenti con intere fasce di popolazione. Analizza anche i fattori che derivano dall’interazione tra uomo e ambiente, studiando le possibili influenze reciproche. La sua attività di ricerca, come ogni altra scienza, comprende inoltre una parte sperimentale, che valuta l’adozione di specifici interventi in termini di miglioramento dello stato di salute . Così, grazie alle svariate conoscenze acquisite, sono state promulgate un gran numero di campagne, dalla vaccinazione di vaste coorti di popolazione col fine di ridurre l’incidenza di alcune malattie trasmissibili, alla diminuzione dell’esposizione a fattori di rischio, come, ad esempio, la battaglia per l’abolizione del fumo nei locali pubblici.
Ebbene, per quale motivo nelle pagine che abitualmente contengono grafici e tabelle sull’efficacia di un nuova sperimentazione clinica, ora campeggiano riflessioni sulla mobilità dei cittadini e sulle strategie con cui regolarla? Dove risiede il motivo di tanta attenzione per temi inerenti alla salute pubblica?
La risposta appare quasi scontata e risiede nella cospicua e complessa sfida a cui la pandemia ci sottopone quotidianamente. Volenti o nolenti. Ecco perché tematiche di sanità pubblica escono ora allo scoperto, più dirompenti che mai. Virologi e studiosi del settore vengono interpellati con molta insistenza. Sono sotto i riflettori, perché chiamati a fornire risposte in un momento così difficile. Difficile perché i risultati e le considerazioni che provengono da parte della loro attività di studio coinvolgono, fin da subito, la vita di milioni di persone, andando ad influenzare comportamenti e libertà, come per esempio quella di circolare senza limitazioni. Ancor più difficile, perché si trovano, tutto d’un tratto, a dover decidere. Più precisamente, senza grandi distinzioni tra i vari Stati, si intravede il tentativo, fino alla vera e propria attuazione, di utilizzare questa scienza al fine di legittimare la liceità di una decisione. Secondo questa logica, il processo decisionale pare assumere un carattere di autonomia e incontrovertibilità, in quanto supportato dalle robuste argomentazioni fornite dalle evidenze scientifiche attualmente disponibili, derivanti a loro volta dalla ricerca svolta in questo settore nel corso degli anni.
Su questo nuovo modo di agire desidero approfondire la riflessione.
La sanità pubblica è una branca della medicina e come tale appartiene alla scienza, intesa qui come sistema di conoscenze. Proprio in virtù di questo, non può e non è chiamata a decidere. Neppure lo desidera.
Le caratteristiche di “decisionalità” le sono estranee, perché la sua attività si basa sul metodo scientifico, che applica attraverso la formulazione di ipotesi, da cui deriva la successiva esecuzione di metodici e rigorosi esperimenti. I risultati, espressi nel linguaggio della statistica, concorrono a costituire, passo dopo passo, un grande bagaglio di conoscenze e osservazioni. Non possiedono tuttavia una validità in senso generale, ma sono invece considerate “dimostrate” in quel particolare esperimento, prendendo in considerazione quella specifica parte di popolazione studiata, o seguendo quel singolare protocollo d’indagine. Così, al pari di qualunque altra disciplina scientifica, non detiene indicazioni generali e assolute che possano essere agevolmente trasferite alle decisioni che devono essere prese, giorno dopo giorno e nei vari ambiti. Né tanto meno legittimarle. Questo per il semplice fatto che la realtà, presa nella sua complessità e interezza non è assimilabile ad uno studio sperimentale, il quale al massimo si prefigge di inserire in un modello solo una porzione della stessa, delimitata e circoscritta secondo criteri stabiliti a priori. A questo si aggiunga che le decisioni inerenti alla libera circolazione dei cittadini non comprendono esclusivamente istanze di tipo sanitario, ma relative anche a tanti altri campi che esulano dall’indirizzo di studio della sanità pubblica.
Ritengo invece che le decisioni riguardanti i cittadini e le loro relazioni spettino a chi è incaricato dagli stessi come loro rappresentante, il quale si assume la responsabilità delle eventuali conseguenze. Egli diviene tale non perché forte dei risultati di esperimenti che con un certo intervallo di confidenza lo legittimano, al contrario, perché scelto attraverso quello strumento che si chiama democrazia.
Converrete con me sul fatto che la situazione odierna ponga notevoli difficoltà sulle scelte da intraprendere, anche per chi è avvezzo a questo tipo di responsabilità. Un vecchio maestro mi disse: “nel momento della decisione sei solo”. Questo è particolarmente vero per chi oggi deve decidere quali politiche adottare per il futuro. Anche con tutta la buona volontà, sentiti i pareri degli esperti, analizzate tutte le possibili alternative, raccolte le opinioni di una specifica task force, giunge il momento di scegliere, e questa operazione, per sua stessa natura, implica un balzo verso l’ignoto. Un atto di coraggio, un atto dovuto e deliberato, un atto che infine rappresenta tutta l’essenza della politica.
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