Dopo l’Ucraina, chi potrà garantire all’Occidente che la Cina non oserà “riprendersi” Taiwan?

No, la questione che vede contrapporsi in queste ore la Russia e l’Ucraina non riguarda solo la Russia e l’Ucraina ma anche l’Europa (naturalmente), gli Stati Uniti d’America e la Cina.

La Cina? Si. La Cina.

La Russia, alla fine, ha deciso di condurre in Ucraina un’operazione per “demilitarizzare” e “denazificare” l’Ucraina e nonostante tutto, nonostante anni di incoraggiamento affinché si smarcasse dall’influenza di Putin, non ci sono state grandi reazioni.

Oltre le parole, le promesse e le minacce di sanzioni, infatti, siamo veramente sicuri che negli Stati Uniti d’America qualcuno voglia morire per Kiev? (Dopo Kabul) …

Se il prezzo da pagare di un’azione di questa foggia dovesse essere accettabile, siamo veramente sicuri di non offrire un fianco scoperto alla Cina?

Mi spiego meglio: nell’eventualità in cui l’Occidente non riuscisse a trovare un sano compromesso in Ucraina, cosa potrà garantirci che la Cina non tenti di (ri)conquistare Taiwan?

Taiwan è il “Donbass” del Pacifico: è fondamentale ma l’opinione pubblica mondiale ignora quanto sia importante.

Se il Donbass è stato dimenticato fino all’altro ieri perché una comunità russofona poteva aspettare, Taiwan non fa eccezione: può scatenare un conflitto di proporzioni immani e scuotere le fondamenta dei principali equilibri geopolitici mondiali ma fino a quando i negozi di elettrodomestici continueranno ad essere riforniti anche le pretese cinesi su “Formosa” potranno aspettare… 

Per capire meglio perché Taiwan sia così importante sullo scacchiere internazionale occorre non solo studiare la storia ma anche la geografia.

Taiwan è un territorio di appena 36.000 chilometri quadrati, ospita 24 milioni di abitanti, si trova a 150 chilometri dalle coste meridionali della Cina e il suo Prodotto Interno Lordo ha superato quello di Svizzera, Svezia e Arabia Saudita.

Impressionante, no? Già. Ma ciò non basta a capire quanto sia veramente importante…

Taiwan gode infatti di una posizione dominante nella produzione mondiale di semiconduttori: dal 40 al 65 per cento e fino all’85 per cento nel mercato dei semiconduttori più avanzati.

Per intenderci: cosa può succedere se qualcosa va storto a Taiwan lo hanno scoperto da poco le principali case automobilistiche mondiali che essendo state colpite appunto da una penuria di semiconduttori sono state costrette a ridimensionare i processi produttivi e a chiudere le fabbriche…

Ma non è tutto: Taiwan è uno snodo fondamentale per rifornire di greggio Giappone e Corea del sud, ossia due alleati storici dell’Occidente in Asia.

Ma perché la Cina dovrebbe decidere l’occupazione di Taiwan? Taiwan è una democrazia pluralista che difende la propria indipendenza dalla Cina fin da quando le truppe di Chiang Kai-shek non ripararono sull’isola dopo la vittoria di Mao Zedong, quindi, secondo Pechino, Taiwan è un’isola “ribelle”.

Inoltre, come abbiamo già osservato, è portatrice di un valore economico e geopolitico straordinario.

Se per assurdo quindi la Cina dovesse superare la “linea rossa” dell’invasione e la Settima Flotta americana non dovesse intervenire, diventerebbe inevitabilmente il principale fornitore di semiconduttori al mondo.

Ora, Xi Jinping non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni (“La riunificazione è doverosa, necessaria, inevitabile”), per cui credere che possa osare il “recupero” di “Formosa” in seguito alle operazioni di Putin in Ucraina e ai tentennamenti dell’Occidente non è più un’ipotesi da non prendere in considerazione…

Che fare, in conclusione? Non morire per Taiwan e Kiev e accettare le condizioni di due super potenze sempre più vicine? Rispondere a questa domanda non è semplice.

Se da un lato, l’intervento potrebbe comportare una guerra senza precedenti, dall’altro il rischio di perdere opportunità e prestigio potrebbe compromettere le nostre vite in maniera drammatica…

Non pretendo, naturalmente, di poter rispondere al quesito appena esposto; ciononostante, non posso esimermi da un particolare non poco irrilevante: il prestigio di una civiltà ha senso anche (e soprattutto) alla luce della sua integrità.

In altre parole: un’Occidente pigro, ipocrita, contradditorio e poco attento alla storia può avere ancora una parte determinante nel mondo di domani?

La risposta del governo Trudeau ai camionisti, ad esempio, può essere considerata una scelta politica degna di un paese occidentale?

Congelare i conti correnti di chi ha manifestato contro un provvedimento specifico può essere, in altre parole, una dimostrazione di coerenza e civiltà?

“Ai posteri l’ardua sentenza…”      

Comments to: Un convitato di pietra che parla cinese

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