Cosa contraddistingue l’essere umano nell’era della Post-Modernità?

Ignazio Silone, nel suo Fontamara, descrive la vita nella marsica in questi termini “La vita si svolge tutta in forme severe, umili, dure, scarne, appena protetta da rudimentali veli ed orpelli e i fatti essenziali della condizione umana, il nascere, l’amare, il soffrire, il morire, vi costituiscono press’a poco tutto quello che succede”. Sebbene il contesto sociale fosse quello dell’Abruzzo marsicano degli anni ’20, come dichiarato dallo stesso autore nella prefazione la vicenda e la relativa contestualizzazione era idealmente applicabile a tutta l’Italia rurale.

Mi ha sempre colpito moltissimo questa particolare espressione su cui vorrei porre l’accento: “il nascere, l’amare, il soffrire, il morire, vi costituiscono press’a poco tutto quello che succede”. Quali di questi elementi sono ancora fondanti? Quali di questi elementi abbiamo ancora come pilastri di realtà nelle nostre vite?

La società in cui viviamo ha tacitato la morte. “La più grande vittoria dell’uomo sulla morte è dimenticarsi di essa” ebbe a dire qualcuno. Ebbene la nostra contemporaneità ha reso questa frase un motto silente. La morte semplicemente non esiste, come non esiste un’ aldilà. Semmai innanzi al lutto, ci può essere commemorazione dei ricordi mortali del trapassato, nulla più.

Ancora più bandita è la sofferenza. Un’ idea spiacevole alla quale non pensare mai, la cui soluzione in caso non sia più evitabile è la morte anticipata, nel modo più gentile e dolce possibile (eutanasia, dal greco: Eu, ossia buona, Tanathos, ossia morte).

E che dire dell’amare? Si possono trascorrere infinite serate tra amici nel provare a definirlo. Ho dolci ricordi di lunghissime notti universitarie in cui non ne siamo riusciti a venire a capo. E’ forse la felicità presente? Lo slancio passionale indescrivibile ed incontenibile nella sua potenza? Un’ispirazione melliflua e sfuggente, che ci attrae proprio perchè inconsistente? O forse è più banalmente il piacere, prima fisico e poi intellettuale, che ci lega a qualcun altro? Nel tentativo di separare il sesso dall’amore stiamo ottenendo di svuotare di senso il primo e di non incontrare più il secondo.

E del nascere che dire? Almeno quello sembra rimasto com’è, per ora. Ma per quanto? Pratiche come l’utero in affitto sono una realtà legale in molti paesi, ed è incorso una battaglia ideologica anche nella nostra Italia. Anche questo elemento fisico e naturale è storpiabile ad altri usi ed altri sensi.

Quasi un secolo dopo gli scritti del grande Ignazio Silone, cosa ci rimane del suo concetto di vita? Come avrebbe descritto la nostra quotidianità? Avrebbe forse pensato che i “veli e gli orpelli” abbiano sostituito ed offuscato i suoi “fatti essenziali della condizione umana“?

Allo stesso modo immagino oggi i nostri padri costituenti, che scrissero la Costituzione con alla mente ancora ben chiari il potere e le derive dell’ex capo del Governo Benito Mussolini. Cosa penserebbero ora di un uomo venuto dal nulla, un avvocato di provincia, che senza alcun vaglio elettorale, senza alcuna militanza partitica palese che permettesse di comprendere il suo pensiero, senza alcuna campagna elettorale, con atti amministrativi, monocratici, svincolati dal controllo costituzionale, avrebbe sospeso i diritti fondamentali della nostra costituzione, annunciando il suo volere prima al popolo via facebook e poi in Parlamento, a cose fatte? Molti continuano a dire che è tutto perfettamente costituzionale, che l’iter è corretto e ortodosso.

Ma mi domando io, cos’è che rende legale una norma? Il rispetto della procedura, il rispetto dei veli e degli orpelli, o la sua sostenza, il suo contenuto, i suoi effetti sulla nazione?

Ad ogni modo, lasciando perdere il nostro Avvocato del Popolo e tornando alla nostra tematica, l’uomo è sulla via dell’emancipazione dal suo status umano. Più ci si riesce ad allontanare da ciò che Silone chiama gli elementi essenziali della condizione umana più è elevato il nostro grado di progresso e successo. Le armi principali sono ovviamente la scienza e la tecnica.

Innanzi ad una minaccia come quella rappresentata dal Covid-19 la nuova umanità non cerca semplicemente di sopravvivere dignitosamente, ma vuole dominarla, imbrigliarla, domarla e contenerla. Tutto ciò al prezzo della libertà dei cittadini. In realtà il virus dimostra sempre più come nessuna misura può davvero contenerlo, nessun lockdown può davvero eliminarlo o ridurre drasticamente i contagi. L’unico successo fin’ora è stato banalmente l’arrivo dell’estate, il quale, parrebbe, che con le sue alte temperature abbia ridotto la virulenza.

Ogni mossa umana, operata a colpi di legge e forze di polizia ha prodotto disgrazie umane e non vittorie sul virus. Basti pensare al grande lockdown inziale. Si diceva che il periodo di incubazione durasse un massimo di quindici giorni, e quindi mettendo tutti ai domiciliari, entro due settimane, massimo tre, se ne sarebbero visti gli effetti benefici. Il tutto iniziò il 9 marzo (e terminò il 18 maggio). Il picco dei contagi continuò ad aumentare ben oltre le due settimane e il giorno di Pasqua avevamo ancora 727 morti e 1118 contagiati. Invece di ripensare all’efficacia della misura, magari volgendo lo sguardo ad altri modelli come la Svezia, si è, più semplicemente, reiterato il lockdown per due volte.

E che dire dell’obbligo di mascherina all’aperto, che condanna al bavaglio tutta la penisola? Da quando è stato introdotto non ha minimamente rallentato il flusso dei contagi giornalieri, ma invece di prendere atto dell’inutilità della misura, la si è rafforzata, producendo la follia di tre DPCM in tre settimane.

A mio avviso l’uomo moderno sta cercando di svuotare il mare con un secchiello. Di fermare il vento con una bandieruola.

L’unica strategia da seguire, l’unica che poteva un minimo tutelare quella percentuale di contagiati che necessita di ospedalizzazione intensiva è il rafforzamento del sistema sanitario. Misura adottata solo in minima parte dal governo. Occorreva aumentare le garanzie dei cittadini e non sopprimerne i diritti. E invece si torna all’incubo lockdown. Eventuali fallimenti delle strategia sono colpa dei movimenti di piazza o della disobbedienza sociale. Mai della strategia.

L’uomo, al trionfo dello scientismo (e non della scienza, attenzione) si crede emancipato e immortale. Anche immorale, nel senso che si è sopra ad una morale naturale, ormai liberi di plasmare una nuova morale. Non a caso voci sempre più autorevoli chiamano il nostro periodo storico il Post-umanesimo: l’uomo che si emancipa da sè.

Che dire poi del riscaldamento globale? Il fatto che la temperatura del pianeta sia ciclica è informazione nota della paleoclimatologia. Ai tempi dei romani vi era una situazione nota come Optium Climatico Romano, noto più comunemente come Periodo caldo Romano, che si data tra il 250 AC e il 450 DC. A ciò seguì il cd Periodo Freddo medievale, che da alcuni studiosi è chiamato anche piccola era glaciale, ed ha spiegato i suoi massimi effetti dal 1300 al 1850 DC. Ora, come è noto la tendenza si è di nuovo invertita e assistiamo costernati al ritorno del riscaldamento. Ma L’UOMO NUOVO, Post-umano, adesso ha un approccio del tutto diverso rispetto al passato: un approccio divino. Non si limita a constatare il riscaldamento, ma è convinto di esserne l’artefice. E’ talmente convinto della propria sovrumana onnipotenza da considerarsene l’autore. E quest’ uomo di divino non avrebbe solo l’onnipotenza, ma anche la misericordia. Pertanto da qui nasce il combattimento al riscaldamento globale, una vicenda in cui l’uomo si misura con forze immensamente più grandi lui, ma di cui crede di poter essere al contempo artefice e redentore.

A nulla servono autorevolissimi interventi di premi Nobel in parlamento, come quello del professor Carlo Rubbia, che alleghiamo per chi se lo fosse perso (ed è invece imperdibile e lo trovate in questo link https://www.youtube.com/watch?v=4_T1QNRtToc). Il mainstream continua ad ascoltare la graziosa Greta Thunberg, la quale, senza aver nemmeno terminato gli studi scolastici, ammonisce il mondo. Cosa c’è di scientifico in tutto ciò?

O l’uomo torna a considerarsi creatura o perirà sotto il peso della propria autoproclamata onnipotenza.

Vogliamo salvare tutto e tutti, e stiamo perdendo l’unica cosa davvero nostra: la nostra anima.

Comments to: Se l’uomo cessa di essere uomo

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