Si è appena concluso quello che è stato etichettato dall’opinione pubblica come l'”annus horribilis“. Pandemia, crisi economica, deriva autoritaria e nuove norme di comportamento sociale….. Ma è stato davvero un anno così orribile? Scopriamolo insieme nello speciale di capodanno

Il dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime.”
Marie von Ebner-Eschenbach.

E’ chiaro a tutti che l’anno appena trascorso è stato oggettivamente il più difficile nella storia contemporanea. Non a caso i festeggiamenti per questo capodanno sono particolarmente sentiti. Da un lato termina un anno carico di angosce, paure, sofferenze e lutti. Dall’altro si spera che con il vaccino il nuovo anno possa nascere sotto una buona stella, carico di buone promesse e ottimi auspici. Sebbene Pensiero Divergente condivida l’entusiasmo per l’anno venturo, ci permettiamo di “divergere” nell’analisi di quanto appena trascorso.

Sebbene sia superfluo ricordare che quanto successo nel 2020 rappresenti una tragedia su più settori, troviamo che generalizzare un intero anno come “annus horribilis” sia troppo facile, e per certi versi, irrispettoso della realtà dei fatti. Infatti è proprio dalle crisi che ci può essere crescita. E in effetti molti giovani studenti hanno riscoperto il valore della scuola, il piacere dell’aula e della reciproca presenza. Molti amici hanno riscoperto il piacere della compagnia, prima forse troppo data per scontata. Tanti comuni cittadini hanno riscoperto cosa significa avere libertà (sorvolando sul fatto che abbiamo riscoperto il piacere di case e balconi).

Non è mai dalle annate buone che si migliora, ma è sempre dai fallimenti e dalle cadute che si impara a rialzarsi. E’ un messaggio abbastanza banale, piuttosto noto e comune a tutti, ma si è sentita l’esigenza di ribadirlo, vista l’unanimità con cui si è salutato frettolosamente il 2020. Penso che quanto accaduto possa esserci invece da monito. E’ bastato un piccolo virus per mostrarci come si possano sospendere le libertà costituzionali, come il potere di un solo uomo possa governare per mesi la nazione, come sia fragile il nostro sistema sanitario, come siano mutevoli le certezze scientifiche.

Il discorso potrebbe continuare ancora a lungo ma ci sentiamo di interromperlo qui e di lasciare il posto ad un breve racconto, che potrebbe essere interessante per i nostri lettori. La storia che state per leggere è stata tramandata oralmente dalla famiglia di mio nonno materno, originario della marsica. Non sono mai riuscito a scoprire chi ne fosse l’autore, se derivasse da un testo di favole o se fosse semplicemente un racconto familiare. Le poche ricerche che ho provato ad intentare in tal senso non hanno portato frutto ad oggi. Ritenendola abbastanza interessante per concludere il 2020, la ripropongo anche qui. Se qualcuno fosse a conoscenza della sua origini, la redazione tutta invita a lasciare un commento a contattarci.

Tanto tempo fa, in un caldo giorno di fine estate, un Ragazzo stava rientrando a casa dopo una dura giornata di lavoro nei campi del Fucino. Mentre camminava per la solita strada sterrata incontrò una vecchia signora, che non aveva mai visto prima in paese. La signora portava un sacco di patate appena raccolte, molto pesante, tanto da far traballare la vecchia e da far cadere parte del contenuto per terra. Allora il Ragazzo, mosso a compassione, si apprestò ad aiutare la vecchia signora, nonostante l’aspetto di lei fosse quantomeno inquietante. Raccolto il carico caduto e messosi sulle spalle il piccolo fardello, il Ragazzo seguì la vecchia fino ad una diramazione che si inoltrava sui lontani Monti della Laga. A quel punto la vecchia congedò il giovane, ringraziandolo per la strada percorsa e affermando di poter continuare da sola. Il Ragazzo, sebbene perplesso, accettò di buon grado, vista la fatica sperimentata nel tratto di strada già percorso. La vecchia per ringraziamento allora offrì un Gomitolo Rosso al ragazzo, come dono, accompagnandolo con un avvertimento: il gomitolo poteva solo srotolarsi e mai riarrotolarsi. Il Ragazzo, sebbene confuso, per gentilezza, intascò il dono e si avviò di corsa verso casa, essendo già l’imbrunire.

Arrivato a casa, il Ragazzo provò a srotolare un pò il gomitolo e, con sua grande sorpresa, si ritrovò proiettato direttamente al mattino successivo, mentre era già chino al lavoro nei campi. A tal punto comprese il portentoso potere che stringeva tra le mani: srotolando il gomitolo poteva avanzare nel tempo. Non potendolo però riarrotolare capì che non si poteva tornare indietro a rivivere il già vissuto, ma si poteva solo andare avanti, saltando così i momenti di durezza, miseria e disperazione che la vita ad ognuno riserva.

Decise pertanto di approfittare subito del dono, ed essendo il suo lavoro molto duro, srotolò un altro pezzettino di filo rosso, e Tac! si ritrovò già a sera, seduto a tavola a mangiare un piatto caldo di lenticchie. Nessun altro a tavola si era accorto del salto, per tutti era come se lui fosse sempre stato a tavola; solo il Ragazzo segretamente sapeva di essere lì per magia. Felicissimo, mangiò il piatto di lenticchie con la gaia consapevolezza di aver saltato un giorno di lavoro, pur avendo all’apparenza lavorato. Nella realtà ordinaria la giornata di lavoro si era svolta, lui vi aveva preso parte e aveva faticato: ne sentiva la stanchezza nelle membra e nei ricordi, ma senza averla “vissuta”.

Nei giorni che seguirono il Ragazzo ebbe modo di srotolare di molto il suo gomitolo. Il lavoro nei campi era sempre più duro e le giornate del primo autunno sempre più fredde, e furono molti i giorni in cui dalla colazione il ragazzo passava direttamente al momento della cena. A volte, faticando ad alzarsi alla mattina presto, il ragazzo srotolava abbastanza gomitolo da ritrovarsi direttamente nel letto la sera successiva. Poi avvenne la frana, che colpì mezzo paese. Le scene di disperazione degli sfollati e i duri giorni di lavoro per riparare i beni comuni furono più ricordati che vissuti dal giovane Ragazzo. Al momento del primo febbrone invernale il ragazzo non aveva dubbi su come affrontare i giorni al letto: in quell’occasione fu srotolato abbastanza gomitolo da saltare tutta la settimana seguente, per sicurezza. E il calcolo si rivelò ben accorto: sette giorni dopo il ragazzo era tornato in piena forma, e dei giorni di malessere non rimaneva che un lontano ricordo.

Ma il “salto” più lungo avvenne qualche tempo dopo, quando una bellissima ragazza, la più bella del paese, rifiutò il suo amore. Per la disperazione e il dispiacere che gli attanagliavano il cuore, il Ragazzo saltò addirittura tre mesi filati, senza contare tutti i tramonti malinconici che ancora lo attendevano, quando tornava a pensare a lei e che lui continuava imperterrito a saltare. Al ritorno di uno di quei salti, si ritrovò mentre stringeva la mano alla suddetta ragazza e sulle sue labbra poteva ancora sentire la memoria di un fresco bacio. Com’era accaduto? Come si era potuto trasformare un momento di malinconia e disperazione in un così totale e inaspettato trionfo? A tal punto il Ragazzo decise di non srotolare più il gomitolo. D’ora in avanti avrebbe affrontato tutto, gioia e dolori, e mai più avrebbe corso il rischio di perdersi una gioia inaspettata, come la conquista di una donna tanto amata, per evitarsi una sofferenza.

Ma detto buon proposito era destinato a mutare. Vennero i giorni in cui doveva cercare lavoro nella capitale e i penosi pomeriggi a fare da spola negli uffici di collocamento furono una tentazione troppo grande: il gomitolo ritornò a scorrere. Il lavoro in fabbrica si riscoprì ancora più penoso del lavoro dei campi: stessa fatica, ma senza la bellezza della natura a fare da contorno e conforto. Tanti furono i giorni non vissuti. E tanti furono anche i rientri a casa da “srotolare”: momenti di noia e di banalità, con mille fastidi domestici e cene di silenzi, tanto da far desiderare all’Uomo di proiettarsi già nel letto, all’ora del riposo.

E un giorno l’uomo si riscoprì vecchio. Il gomitolo era ormai ridotto a qualche giro di filo strapazzato attorno ad un’anima nuda. Quanto tempo era passato dall’incontro con la vecchia? Non più di due o tre mesi, il Vecchio era pronto a giurarlo. Ma il suo sguardo allo specchio gli suggeriva che erano trascorsi anni…..decenni. Si guardò dentro alla ricerca del tempo perduto. Quanti brutti momenti aveva cercato di evitare? A quante tristezze era sfuggito per essere lì ora, anziano? Fu a quel punto che capì di non aver vissuto il tempo che gli era stato donato. E allora, attanagliato da una tristezza che non lo avrebbe più abbandonato, lasciò srotolare a terra quanto rimaneva del gomitolo, perchè quella pena gli era insopportabile.”

Se avessimo avuto il gomitolo rosso, quanti giorni avremmo saltato del 2020? Quanti di noi lo avrebbero volentieri saltato interamente? Ma noi non disponiamo di un simile “dono”, e ciò, a mio modesto avvio, è una Grazia di cui occorre essere consapevoli.

Antonio Albergo

Comments to: Una “fiaba” divergente per salutare il 2020

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